top of page
  • Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

Cronache di un’universitaria. L'ultimo capitolo




di Daphne Squarzoni


Oggi giornata d’esami. Giornata d’esami per me che sto in portineria vuol dire giornata di informazioni.

Da quando sono rientrata dalle vacanze di Natale è la prima volta che mi capita una giornata davvero piena: le prime settimane sono state molto tranquille, complici le vacanze e lo scarso numero di studenti che si aggira in dipartimento.

«C’è il professor G», mi avvisa un messaggio di Lorenzo prima ancora che io varchi le famose porte a vetri. Il professor G. è il mio relatore fantasma che ogni tanto risponde cripticamente ai messaggi, ogni tanto si limita a non rispondere proprio.

«Lo intercetto», rispondo entusiasta prima di sedermi in postazione.


Alla postazione centrale, quella che accoglie gli studenti, non si può mangiare e per questo motivo io sarò a digiuno fino alle 14:30 quando avrò diritto al cambio postazione. Accendo il computer e faccio l’accesso come portinaia. Mi fa ancora sorridere questa versione della mia vita in università: da quando faccio questo lavoro ho scoperto porte a vetri sconosciute, uffici vari e perfino porte sempre chiuse. La mia troppo vivace immaginazione non può fare a meno di chiedersi cosa ci sia dietro le porte blindate e quali segreti si celino dietro al divieto d’aprirle. In portineria c’è una grande bacheca chiusa a chiave, lì stanno tutti i passe-partout per le varie porte sigillate. Ogni tanto, quando sono sola in portineria mentre i miei colleghi sono in giro, mi vien voglia di trafugare qualche chiave e aprire tutte le porte per dare da mangiare alla mia curiosità fin troppo vorace.

Ancora non lo ho mai fatto. Mi limito a girare per i corridoi facendo tintinnare le chiavi e sentendomi potente per il fatto di poter decretare se un’aula sarà o meno aperta. C’è uno strano senso di responsabilità che mi prende quando controllo che nessuno sia rimasto in bagno, che le finestre siano chiuse e le luci spente. È come se questo posto dipendesse un pochino anche da me, da quello che io posso e devo fare per il mantenimento di queste aule.


«Ciao», mi saluta Eleonora affacciandosi alla portineria. Ha un sorriso soddisfatto sul viso dai tratti delicati. «Questa è per te», dice porgendomi un sacchetto di carta con una brioche «Per ringraziarti dell’aiuto a preparare l’esame». Che cosa carina!

«Grazieee!!», esclamo quasi commossa dal bel gesto inaspettato. Tra l’altro oggi il mio turno va dalle 12 alle 20:30 quindi qualsiasi fonte di nutrimento è ben accetta. Eleonora mi sorride.

«Finiti gli esami?», le domando.

«Finalmente!», risponde lei. Quasi tutti quelli che hanno cominciato con me stanno terminando i bollini verdi sul libretto.

«Ciao!», saluta Lorenzo affacciandosi alla portineria. «Giochi su Internet?», scherza.

Scuoto la testa. «Aspetto trepidante che arrivi il professor G. per placcarlo».

«I tuoi desideri sono esauditi», mi fa presente lui indicando le porte dell’ascensore che si aprono. Il professore sta rispondendo ad alcuni messaggi. Lo saluto con il braccio.

«Io vado a pranzo», si congeda Lorenzo facendomi notare che ormai sono le 13:00.


Il professore mi raggiunge. «Che tipo che sei», mi saluta riferendosi al mio ultimo messaggio (una disperata richiesta d’aiuto perché mi si è rotto il telefono e ho perso i suoi commenti all’ultimo capitolo che gli ho inviato). Sorrido e decido di prenderlo come un complimento.

«Può andare?» domando accennando con il mento al messaggio incriminato.

«Ho aggiunto qualche nota e corretto alcuni errori di battitura», mi fa presente il professore. Annuisco.

«Cosa le manca?», mi domanda il mio relatore aggiustandosi il blazer marrone.

«L’ultimo capitolo e la conclusione»

«Molto bene. Pensa di farcela per marzo?»

«Ho paura di no», ammetto sincera.


Il professor G. mi guarda pensieroso. «Perché no?», chiede gentilmente.

«Ci ho messo due mesi per questo capitolo, non penso di riuscire a fare il prossimo in meno di due mesi», confesso a disagio.

Il professore mi guarda serio. «Valuta di tagliare un po’ e riuscire a laurearti a marzo. Non c’è bisogno di fare capitoli di 60 pagine», mi suggerisce. «Per me possiamo anche andare a quest’estate, ma devi capire tu se ne vale la pena».

Annuisco. «Intanto devo cominciare, poi vedrò», dico incerta.

Il professor G. mi sorride. «Coraggio!», mi incita. «Aspetto la tua decisione», aggiunge alzando il braccio e battendolo delicatamente sulla mia spalla. Questa cosa mi fa sempre abbastanza ridere perché è un abbraccio mancato.

«Certo», gli sorrido. «Intanto sarà meglio cominciare a lavorare all’ultimo capitolo».

«Su cosa sarà?», indaga. «La scrittura in relazione alla crisi. Voglio indagare come scrivere aiuti a rapportarsi alle crisi, ad approfondirle e risolverle», spiego.

«Bene. Allora buon lavoro», si congeda lui lasciandomi al banco della portineria per andare a pranzo.


Io ho ufficialmente fame. Mi siedo sulla sedia verde della portineria e apro il file della tesi. Il cursore mi fissa lampeggiando e quest’ultimo capitolo mi sembra tutto in salita. Possibile che siamo già arrivati a questo punto? Ancora un capitolo e anche la tesi sarà ultimata. Ancora un mese di turni in uni e sarà scaduto anche il contratto. Gennaio dovrebbe essere il mese degli inizi e per me tutto sta finendo. Alzo le spalle e scaccio il pensiero: devo mettermi al lavoro.


 

«Secondo me ce la fai», mi dice Raf scolando la pasta.

«A far che?», domando riprendendo il telefono dove ha letto la bozza dell’ultimo episodio. «A laurearti a marzo», risponde lui rimettendo il pranzo in pentola per gettarci il condimento.

«Non lo so. Ho davvero paura di non riuscirci», ammetto.

Lui mi sorride fiducioso. «Lo so io che ce la fai», mi incoraggia.

Gli sorrido a mia volta. «Ho così tante cose da fare nel mentre: articoli, progetti scolastici, lavoro in uni, collaborazioni…», elenco.

Raf mi interrompe servendo i piatti in tavola. «Ce la fai», ribadisce. «E se non ce la facessi, va bene lo stesso». Alzo le sopracciglia.

«No. Non va bene. Voglio finire questo lavoro che mi sta stressando decisamente troppo». Lui annuisce. «Visto? Allora ce la fai», mi risponde avvolgendo gli spaghetti attorno alla forchetta. Rido.

«Vorrei poterti credere».

«Non lo fai mai e alla fine ci riesci sempre», mi riprende. È vero.

«È per questo che mi servi tu: per avere fiducia in me quando io non ne ho abbastanza» scherzo. Ma sto scherzando davvero? Lui mi sorride.

«Ecco, allora vedrai che ce la fai. Intanto mangia che si raffredda».




 




Daphne Squarzoni, nata nel 1999, laureata in Studi Storici e Filologici, si sta specializzando in Filologia e Critica Letteraria. Dal 2019 porta avanti numerosi progetti didattici nelle scuole

elementari insieme all'associazione Siderea e alla casa editrice Isenzatregua, con cui collabora attivamente e con cui ha pubblicato nel 2022 Piccolo diario della guerra europea del 1914-1915 e nel 2023 Epsodi.



 

 

Per chi è incuriosito dalle vicende di Clio e dei suoi giovani amici universitari, non perdetevi le altre puntate:


















Post recenti

Mostra tutti

La finestra

bottom of page