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DORIS

  • Immagine del redattore: Redazione TheMeltinPop
    Redazione TheMeltinPop
  • 16 mar
  • Tempo di lettura: 6 min

Foto di Robindo da Pixabay
Foto di Robindo da Pixabay

di Arianna Destito Maffeo


“Mi raccomando, devi portare questa medicina, sai cos’è? No, immagino. Non sei tenuta a saperlo, comunque. Ma sappi che è fondamentale. Devi proteggerla come se proteggessi la tua virtù”.

Squadrò da capo a piedi la ragazza e poi aggiunse:“Sempre ammesso che tu ci tenga. Diciamo che devi proteggerla come la tua vita”.

La ragazza avvampò, avrà avuto sì e no diciassette anni. Aveva l’aria timida ma una luce vispa negli occhi. Sembrava proprio quello che era, una brava ragazza di buona famiglia, impacciata e goffa alla ricerca di qualcosa che le desse un motivo per vivere o per morire.

Non c’era molto da discutere, quando ne arrivava una nuova non si poteva andare tanto per il sottile.

“Seguimi”.

Il farmacista fece un cenno con la testa dirigendosi verso il retro e lasciando la dipendente al bancone.

La ragazza lo seguì, senza dire una parola.


Stringeva le mani a pugno, le insinuazioni di quell’uomo cominciavano a darle fastidio. In fondo era lei che aveva scelto di far parte della Resistenza e da qualche parte doveva iniziare.

Il retro era piccolo, uno stanzino angusto, con odore di zolfo, talco e alcol. Arbanelle di ceramica disposte in diversi scaffali. L’uomo iniziò a preparare una polvere e delle dosi di medicinali di diverso tipo.

“Questa che vedi è quella fondamentale. Ma dimmi, sei pronta per questo lavoro?”

A vederti non mi sembra proprio, avrebbe aggiunto, ma si fermò per tempo.

Ma chi mi hanno mandato questa volta? Vogliono per caso essere scoperti? pensava il farmacista, intento a mescolare le sue sostanze curative.

Si disse che questa specie di bambina appena cresciuta che gli si era palesata davanti era meglio sapesse poco o niente. Per proteggere se stessa e tutti gli altri.

La ragazza annuì.

“Non sai fare altro? Riesci a dire due parole?”

“Sissignore, sono pronta”. Stringeva le mani a pugno, le insinuazioni di quell’uomo cominciavano a darle fastidio. In fondo era lei che aveva scelto di far parte della Resistenza e da qualche parte doveva iniziare.

“Come ti chiami o come ti fai chiamare?

“Doris”

“Bene, Doris, queste medicine devi portarle in Piemonte, nel Monferrato.

Sai dov’è?”

“Certo signore. Mia zia ha una cascina vicino a Ovada. Noi siamo di origini piemontesi.”

“Come ti sposti?”

“In bicicletta.”

L’uomo esplose in una sonora risata. “Non vorrai andarci in bici da Genova!”

“Certo che no, signore.”

Doris si stava innervosendo. Sempre la stessa storia, se fosse stata un maschio l’avrebbe trattata così? Con sufficienza?

“Bene, dovrai arrivare fino a Voltri e, una volta lì, nella piazza principale troverai un camion che trasporta concime, ogni settimana il giovedì. Quindi oggi. Esattamente tra tre ore. Penso io ad avvisare l’autista del tuo arrivo. Una volta a Ovada, ti arrangi e vai fino a Tagliolo.”


Mentre le dava indicazioni la squadrò ancora. Aveva i capelli perfetti, color miele, in ordine, con le onde da attrice del cinematografo, e un cappellino con un fiore da un lato.

Indossava una gonna a pieghe e le scarpe marroni con le stringhe e mezzo tacco. Stringeva forte con le mani i manici di una borsetta testa di moro che teneva davanti a sé.

L’uomo scosse la testa.

“Tesoro bello, è la prima volta eh? Sei sicura di sentirtela di affrontare un viaggio così? Lo sai, vero, che i vestiti si impregneranno di quell’odore che dà la nausea? Questa è la borsa che d’ora in poi userai se vorrei lavorare con noi. È di cuoio e ha un doppio fondo. Qui metterai quello che sto per darti. Non puoi farti notare, per nessuna ragione al mondo. Non devi lasciare tracce. La tua destinazione è Tagliolo Monferrato. Dovrai dirigerti nell’Osteria del paese”.

“Come si chiama?”

“Cosa?”

“L’Osteria”.

“Come vuoi che si chiami, ce n’è una sola, l’Osteria-bar.”

Scosse appena la testa in segno di disappunto.

“Cerca di non parlare con nessuno. Devi mantenere un profilo basso.”

Doris pensava a dove avrebbe lasciato la sua bicicletta perché non gliela rubassero. Qualcosa mi inventerò, si disse.


Il farmacista la squadrò ancora. E gli sfuggì un gesto di stizza.

“Mica vai bene, sai”

La ragazza aggrottò la fronte. “Cosa vuol dire?

“Ma dai, guardati, sei troppo appariscente. Togli quel cappellino. E quei capelli biondi…Devi nasconderli. Non so, fatti una coda.”

Doris, li raccolse da un lato e provò a fare uno chignon dietro la nuca e a fermarlo con una forcina.

“Così?”

“Mah, forse, è che non so. È proprio la faccia. Sembra che ammicchi a qualcuno”.

La giovane avvampò dall’imbarazzo e gli occhi si incendiarono per la rabbia.

“Ecco sì, con quegli occhi lì, verdi, troppo accesi.”

Doris cominciò a scocciarsi e li alzò al cielo.

“Cosa devo fare? Accecarmi? Non sarei molto utile alla causa.”

“La verità? Sei troppo bella e provocante per fare la staffetta. Ti fermano subito i tedeschi e i fascisti. Lascia che telo dica, ti noteranno.”

“Ah, sì? Cosa dovrei fare? Rinunciare?”

“Boh, forse vestirti da maschio, non hai dei pantaloni?”

“Ma non è peggio? Non attiro di più? Per quale motivo una donna che non ha niente da nascondere dovrebbe vestirsi da maschio?”

“Perché è libera?”

“Ma come posso essere libera se proprio lei mi sta facendo l’esame sul mio aspetto? Su come sono e su come sto al mondo?”

L’uomo sospirò. Fece finta di non avere sentito e proseguì:“Prova con questo”.

Le porse un foulard che teneva in un angolo della stanza, doveva averlo dimenticato lì sua figlia.

Ma qualunque cosa indossasse, lo sguardo intenso della ragazza e i suoi lineamenti regolari venivano valorizzati come in una cornice.

“Lascia perdere.” Le sfilò il foulard dalla testa e lo gettò in un angolo.


Ne aveva viste tante di ragazze che volevano aiutare e finivano per essere minacciate, catturate, violentate, fucilate e trovate appese nelle piazze principali delle città, come monito.

Doris cominciava a spazientirsi e decise di fare a modo suo. Raccolse la borsa del farmacista e, senza dargli il tempo di aggiungere altro, cominciò a adagiare per bene le medicine, la penicillina, l’alcol e le bende che doveva recapitare ai partigiani nascosti chissà dove, in qualche cascina nel Monferrato. Era orgogliosa di far parte di qualcosa più grande di lei.

“Se ti fermano, sai almeno cosa dire?”

“Sì, dirò che vado a trovare mia zia che abita in campagna.”

“In quale località?”

Non rispose.

“Bimba mia, dovrai essere pronta a inventarti scuse. Dovrai essere pronta a riferire dettagli che non esistono. Ne va della tua sopravvivenza e di quella dei compagni nascosti, per questo non sarai tenuta a sapere altro. Se ti fermano e ti scoprono. Beh, non c’è bisogno che aggiunga altro.”

La guardò fisso negli occhi verdi brillanti che non sembravano per niente impauriti. Anzi, la ragazza pareva sostenere con fierezza lo sguardo.

Ci aveva provato a metterla alla prova. Lo faceva sempre quando ne arrivava una nuova. Doveva capire se avevano la forza, perché non c’era molto tempo per decidere. Ne aveva viste tante di ragazze che volevano aiutare e finivano per essere minacciate, catturate, violentate, fucilate e trovate appese nelle piazze principali delle città, come monito.

Lei sembrava così ingenua e bambina. Forse sperava di dissuaderla, di spaventarla ma c’era urgenza nei suoi occhi e c’era urgenza per i partigiani che avevano bisogno di cure.

“Ci riuscirò. Vedrà che ce la farò”. Mentre lo diceva sembrava convincersene.


“Dimmi solo, perché lo fai?”

Doris finì di sistemare le ultime cose nella sua nuova borsa, si avvicinò allo specchio sopra il lavandino e raccolse i capelli il più possibile. Lo guardò riflesso.

“Sono venuti a prenderla in classe, la mia insegnante di italiano, la professoressa Levi. Era una donna straordinaria. Riusciva a trasmettere la passione per la letteratura. Quando ci leggeva Dante in classe mi dava i brividi. Mi sentivo trasportare da un’altra parte, non so bene dove, ma non qui. Lei non ha opposto resistenza. Ha guardato i tedeschi con la divisa lustra, seduta sulla cattedra. Era così minuta, magra e con gli occhi piccoli a fessura. Senza dire nulla ha chiuso il libro che aveva davanti e con calma ha iniziato a raccogliere le sue cose. La lentezza dell’incredulità. C’era un silenzio surreale in classe. I tedeschi da principio fingevano gentilezza, poi spazientiti la strattonarono, lei perse l’equilibrio e cadde. Mi venne istintivo avvicinarmi per aiutarla ma il soldato me lo impedì. La professoressa si rialzò da sola e per un attimo incrociai il suo sguardo colpevole. Non lo dimenticherò mai. Si vergognava per quello che le stavano facendo. Capisce?”

Si voltò di scatto e fissò il farmacista negli occhi.

“Lei, si vergognava. Non è assurdo? Da allora non ne ho più avuto notizia. E lo sa quante amiche e amici ho perso? Molti. Tutti spariti. E sa perché? Perché erano ebrei. Non basta questo per essere qui? Io non lo voglio un mondo così. Non lo accetto.”

 

Doris, prese la sua borsa nuova, la mise a tracolla, si diresse all’uscita.

“Avvisi che sto partendo.”








Racconto tratto dall'antologia “Per seguir la Resistenza, racconti ribelli per Tagliolo” a cura di Marco Gaglione e Grazia Poggio (Neos Edizioni, 2023)

 

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