
di Laura Mapelli
Il primo contatto capitò mentre il lavello della cucina palpitava di gamberi rossi da preparare per la tartare. A dire il vero, Pierangelo aveva percepito distrattamente l’ossuto corpo di Wilma, la lavapiatti, appoggiarsi sulle sue natiche formose - da vice cuoco di stazza, pochi grammi sotto i cento chili, come teneva a precisare – e aveva rimuginato tra sé di essere diventato davvero troppo ingombrante.
La sua passione per la cucina era sbocciata nel grembo della mamma, con mille ricami sul mito di lei intenta a mescolare il ragù, in una posizione quasi da contorsionista, di traverso rispetto al fornello, per via del grosso “cocomero” nascosto sotto l’ampia e immacolata cappa. Una trattoria a gestione familiare, la moglie in cucina, il marito in sala e un modesto giro di buongustai soddisfatti e chiacchieroni.
Oltre la leggenda però, nel ricordo impalpabile di quel tempo, Pierangelo aveva fissato gli odori, i sapori e persino i colori delle pietanze che i genitori servivano nei loro piatti. Crescendo d’età e di competenze, li aveva lasciati per farsi le ossa in altri locali e ricavarne degne soddisfazioni. Ormai era ad un passo dall’eliminare vice davanti a chef.
Alla seconda occasione mise in allerta tutti i sensi. Immerso nella sfilettatura di un’ombrina di proporzioni notevoli, aveva avvertito la mano affusolata della donna sfiorargli il polso nella patetica scusa di controllare se il coltello era ben affilato. Affilato un corno! Avrebbe potuto tagliarle un dito, tanto era concentrato nel lavoro! Meno male che Wilma si era presentata come valido aiuto chef e aveva accettato la mansione di lavapiatti solo nella speranza di poter mettere all’opera, prima o poi, le sue doti culinarie.
Accidenti! Vuoi vedere che cerca di soffiarmi il posto?
Il terzo pretesto d’avvicinamento lo colse ancora impreparato. Lo chef era impegnato a controllare la preparazione dei secondi mentre Pierangelo si preparava alla guarnizione dei dolci, per la quale sarebbe stato aiutato da Wilma.
Sarà la mia fantasia, brontolò sentendo la gamba che si strusciava contro la sua al ritmo veloce delle ciliegine messe sulle torte.
Quando mai una persona sana di mente rischierebbe il posto di lavoro per avances ad un collega?
A parte la notevole differenza d’età (visto che la signora superava la sessantina da mo’), non era neppure il genere di donna che gli avrebbe suscitato il benché minimo interesse. Oddio - il pensiero sembrava misogino, eppure lungi dall’esserlo! – forse neppure un trucco sostanzioso l’avrebbe resa, come dire, guardabile. Questione di gusto, certo, ma neppure lo chef, donnaiolo impenitente, osava scherzare con lei come al solito succedeva per le altre dipendenti. Eppure, spesso aveva ripetuto: ogni lasciata è persa! quasi fosse una massima esistenziale tramandata dagli antichi saggi.
Gli occhi chiari (azzurrini? tendenti al giallino? non sapeva dire) divergevano in luoghi diversi e i capelli, tinti da mesi (color stoppa? marroncino tendente al beige?), scappavano ribelli dalla cuffietta. Wilma trascorse i mesi della stagione estiva in silenzio quasi religioso, nascosta da pile di piatti, padelle e bicchieri da lavare.
Il quarto approccio era in agguato e risultò lampante. Sopravvissuti all’intensa stagione lavorativa, l’atmosfera di tutta la brigata prese una piega complice e goliardica. Si stava cenando allo stesso tavolo, quando Pierangelo sentì qualcosa salire e scendere attraverso la gamba dell’ampio pantalone di servizio. Non poteva certo trattarsi di un topo…
Un piede! inorridì al pensiero.
Wilma sorrideva e, guardando dove solo lei sapeva di dirigere lo sguardo, raccontava di come fosse bello spogliarsi per la doccia a fine serata. Pierangelo si alzò di scatto, portando via il piatto di lasagne.
Che vuole dalla mia vita? pensò furente di rabbia, e come faccio a interrompere ‘sta cosa?
Non poteva certo andare dallo chef a lamentarsi che la signora lo tampinava, quasi fosse un bambino della scuola materna che tirava la gonna della maestra per avere giustizia nei confronti di un compagno prepotente. Poteva immaginare persino il consiglio che avrebbe ricevuto, visto che non aveva nessuna fidanzata alla quale render conto. Pierangelo era un po’ retrò, da quel punto di vista, ci teneva al sentimento reciproco e, detto fra noi, anche a un minimo senso estetico.
Da quel fatidico giorno però, la timida Wilma divenne un’ardita cacciatrice e moltiplicò gli agguati per buttarsi – alla lettera – tra le braccia dell’atterrito Pierangelo.
Il peggio, purtroppo, doveva ancora succedere. Era sera tardi, tutti erano già usciti e assaporavano le meritate ferie di novembre. Prima di andarsene, lo chef aveva ordinato
a Pierangelo di restringere tutto il congelato in un’unica cella frigorifera e la gentile Wilma doveva pulire quella svuotata. Sarà stato un caso? Contro voglia, Pierangelo infilò il giaccone e allineò le vaschette di pasta fresca pronte per la riapertura dell’Immacolata. All’improvviso sentì lo scatto della porta alle spalle e il vento gelido del motore della cella che ripartiva. Non fece in tempo a girarsi che la tenera Wilma gli strappò il giaccone di dosso e lo agguantò come una sanguisuga per sbaciucchiarlo. I brividi divennero presto pensieri di morte perché nessuno li avrebbe cercati sino al mese seguente. Per di più, gli era impossibile reagire perché ricordava la fatidica frase di suo padre:
Le donne non si picchiano nemmeno con un fiore!
Riuscì a scrollarsela di dosso, ma fu questione di un secondo e Wilma tornò all’attacco brandendo una grossa cernia congelata.
Eh, no, gridò Pierangelo, la cernia reale proprio non si tocca!
Cercò di strappare dalle mani della donna il pesciolone, che sembrò animarsi di vita propria, volteggiò verso il soffitto della cella e ricadde pesantemente sulla testa dei due contendenti.
Aprì un occhio. Era in un caldo e comodo letto d’ospedale. Qualcuno seduto accanto a lui stava ascoltando un notiziario regionale.
“Catturata ieri sera una pericolosa psicopatica fuggita da una clinica svizzera l’anno scorso. La donna soffre di una rara variante della sindrome dell’ape regina, che la spinge ad accoppiarsi con un uomo per poi ucciderlo subito dopo l’amplesso. La fortuna stavolta ha salvato il giovanotto che è stato ritrovato frastornato, ma vivo, nella cella frigorifera del ristorante dove i due lavoravano.”
Pierangelo sospirò e ringraziò la buona sorte nelle vesti di un bel pesce congelato.
Le donne non si picchiano nemmeno con un fiore!
A volte però, una botta di cernia salva la vita…
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