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Cronache di un’universitaria. L’ultimo esame




di Daphne Squarzoni


«Ciao Vale », saluto varcando la porta a vetri dell’università. Il sole è caldo ed estivo. Lo era anche questa mattina alle 6 quando mi sono svegliata con un’ora d’anticipo rispetto alla sveglia. Non che abbia dormito un gran che questa notte, l’ultima «notte prima degli esami », perché, se tutto va bene, questo sarà il mio ultimo esame. L’ultimo bollino verde da collezionare sul libretto elettronico prima della tesi, della discussione e di essere buttata fuori a calci da questa struttura a vetri che per cinque anni è stata la meta finale dei miei eterni viaggi in bus.

«Ciao », mi saluta Valerio che studia dalla sua postazione alla portineria.

«Sai dirmi dove fanno gli esami di letteratura contemporanea? », domando.

Valerio digita qualcosa sul computer. «Aula 112 per R. e 221 per G. », mi dice.


L’esame è diviso in due parti. Era diviso in due parti alla triennale. Era diviso in due parti al primo anno di magistrale. È diviso in due parti anche adesso. La prima parte con il professor R che si scorda ogni volta il mio nome. La seconda parte con la professoressa G che è tanto adorabile quanto professionale e precisa. Talmente precisa che mi penalizza sempre perché sono troppo entusiasta. Ha ragione, ovviamente. E ovviamente lei è perfetta nell’esposizione come nessun altro in questo dipartimento: chiara, puntuale e interessante. È pure il tipo di persona che non ti fa mai pesare un errore, che non ti guarda mai dall’alto in basso e che fa di tutto per metterti a tuo agio. Però non fa sconti, né regala voti e chiede un’ottima preparazione e una buona esposizione. Non sono mai riuscita a raggiungere questi due obiettivi e questa volta ci voglio riuscire. Voglio tenere a bada il mio carattere naturalmente entusiasta e dimostrare a me stessa che posso fare un’esposizione eccellente, degna della professoressa G.


Salgo le scale e l’ansia mi fa venire il mal di pancia. Entro nella 112 e mi siedo al banco. Per la prima volta in questi cinque anni non riconosco nessuna delle facce che mi circondano. Emma farà questo esame a settembre, Lisa e Gio lo hanno fatto a gennaio ed io mi trovo qui adesso a farlo da sola assieme ad un sacco di triennalisti. Mi fa un po’ sorridere la loro ansia: è la prima volta che fanno un esame con R e non sanno come prenderlo. Ripassano i romanzi, si sfogliano gli appunti e il professore è prevedibilmente in ritardo.

Respiro. Ho preparato questo esame trascinandomi avanti senza nessuna voglia. Arrivata a questo punto del mio percorso mi sono mancate del tutto le energie per lo sprint finale. Non avevo voglia di studiare, non avevo voglia di impegnarmi né avevo voglia di pensare alla tesi. È come se una parte di me si stesse rifiutando categoricamente di finire. Sono entrata il primo giorno in università pensando che alla laurea mancasse moltissimo tempo. Ed ora sono qui, mi manca un esame e la tesi e sarà finito anche questo capitolo. Sono pronta per voltare pagina? Non lo so.


Ne parlavo giusto l’altro giorno con Lisa che mi diceva che pure il suo studio sta andando a rilento. «Studiare è un lavoro a tempo pieno », mi ha detto tempo fa tra i tavoli di legno del dipartimento. «L’estate della laurea ho lavorato e mi sono resa conto che è molto meno pesante: ti fai le tue 8 ore e poi sei libero. Studiare non ha orari: studi dalle 7 del mattino fino a tarda sera. E anche quando non studi sai che dovresti farlo. In questi giorni se esco con Stefano mi sento in colpa e penso che dovrei studiare. Se mi rilasso sto perdendo tempo e dovrei studiare. Non si può vivere così! »

No, non si può. Emma aveva annuito confermando che nemmeno lei aveva voglia di studiare questa sessione. Siamo arrivate alla fine della nostra carriera universitaria talmente sfinite che non troviamo più la forza di impegnarci. E nel frattempo tutti chiedono «Ma quando ti laurei? ». Non lo so. Non lo so e nemmeno mi va di pensarci perché pensare alla laurea vuol dire pensare al dopo. E dopo che si fa? Boh.


E allora non ho voglia di studiare. Non ho voglia di scrivere la tesi. Non sono pronta ad andare avanti con la mia vita e me ne sto bene al sicuro tra le mura di un palazzo che ho imparato a conoscere. Ma non funziona così, vero? Bisogna andare avanti. Bisogna passare l’ultimo esame, scrivere la tesi e laurearsi. Bisogna diventare grandi. Anche se non sono pronta. Anche se questi anni da studentessa mi hanno aiutata a trovare me stessa, mi hanno regalato degli ottimi amici e un moroso eccezionale (che non deve leggere questa cosa perché di autostima ne ha già abbastanza). E quindi no, non sono pronta a finire questa storia.


Il professor R entra dalla porta. Per una volta in vita sua è pettinato e agghindato con una camicia azzurra. «Il mio esame non durerà tanto, giusto il tempo che mi serve per capire se avete studiato», comincia a dire. È di buon umore. Fa qualche battuta, cerca il foglio con gli iscritti, fa l’appello e incomincia. Vedo dal sorriso che mi fa che mi ha riconosciuta («Sei quella che più gli rompeva le scatole in aula », direbbe Lorenzo) e sono pronta a scommettere che ancora non ricorda il mio nome. Mi alzo e mia avvicino alla cattedra pronta per essere esaminata.

«Da che libro vuole cominciare? », mi domanda il professore.

«Un infinito numero»

«Bene, cominci»


 

«Certo che sono eccezionale », mi fa presente Raf che ha voluto leggere il nuovo episodio a tutti i costi. Alzo gli occhi al cielo. «Comunque missione compiuta: hai passato l’esame con i complimenti della professoressa G », aggiunge.

Gli sorrido soddisfatta. «Non ci credevo nemmeno io », ammetto.

«Non ci credi mai », mi fa presente scuotendo la testa. Gli faccio la linguaccia. «Ora tesi », mi dice. «Già », rispondo calciando un sasso.

Siamo andati a festeggiare l’esame in un castello diroccato sopra una collina. Da quassù abbiamo tutta la valle ai nostri piedi ed il mondo sembra immenso e minuscolo al tempo stesso.

«Al resto ci pensi poi », mi dice intuendo i miei pensieri.

Annuisco. «Ho ancora la tesi da scrivere prima che questa avventura finisca. Voglio godermi il viaggio ».



 

Daphne Squarzoni, nata nel 1999, laureata in Studi Storici e Filologici, si sta specializzando in Filologia e Critica Letteraria. Dal 2019 porta avanti numerosi progetti didattici nelle scuole

elementari insieme all'associazione Siderea e alla casa editrice Isenzatregua, con cui collabora attivamente e con cui ha pubblicato nel 2022 Piccolo diario della guerra europea del 1914-1915 e nel 2023 Epsodi.





 

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