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Cronache di un'universitaria. Vita di coppie



di Daphne Squarzoni


Da sempre le biblioteche mi inquietano. Sono luoghi silenziosi (troppo per il mio carattere caotico e rumoroso) e pieni di gente concentrata che finisce sempre per farmi sentire fuori luogo, a me e al mio disturbo dell’attenzione (che di fatto ha dato il via all’amicizia tra Raf e me ormai cinque anni fa). Da sempre le biblioteche mi inquietano e questo decisamente non mi concilia lo studio. Per questo motivo, quando Lisa ha proposto a me ed Emma di trovarci alla BUP (Biblioteca Universitaria Principale), ho dirottato la sessione di studio in università, ai tavoli del secondo piano che, negli anni, sono diventati una specie di quartier generale. La motivazione ufficiale sarebbe quella di studiare per preparare il prossimo esame. Di fatto è una scusa come un’altra per non rimanere chiuse in casa a marcire tra le pile di libri, dispense ed evidenziatori che segnano i mesi della sessione.


Da 5 anni a questa parte gennaio per me e le mie amiche vuol dire sessione. E sessione vuol dire stress, studio, esami ed immense colossali rotture di scatole. Da quando ho cominciato l’università i mesi di sessione sono come dei buchi neri in cui ti va tutto di traverso. Devi ingurgitare manuali, leggere ottocento romanzi, imparare concetti, date e tutto questo con la segreteria che tira a sorte sulle date degli esami e i professori che fanno i giocolieri con la nostra salute mentale. Da quando faccio le sessioni la domanda «Come stai?» ha trovato un’altra risposta «Sto in sessione». E questo vuol dire che sono stressata e sotto pressione e che magari la vita è bella, ma non ho tempo per accorgermene. E detta così sembra più tragica di quello che è.


Negli anni ho imparato anche a gestirmi le sessioni, a vivermele bene, con meno ansia rispetto all’inizio. Il problema è, e rimane, che non è mai un periodo facile. Nulla di grave, ma pesante. Mi sveglio e studio, mangio e studio, dormo e studio. Con il tempo ho imparato che per interrompere questo ciclo autodistruttivo una delle soluzioni migliori è quella di studiare insieme. E questo è il motivo per cui ora ce ne stiamo tutte e tre collassate sulle sedie del secondo piano dopo aver studiato concentrate (lo giuro!) per più di due ore. «Pausa caffè?», propongo infilando un pezzo di carta a pagina 345 del manuale. Emma alza gli occhi quasi verdi dal libro e li vedo brillare per la prima volta nelle ultime due ore. «Sala ristoro o bar?», domanda Lisa rimettendo nell’astuccio la matita che le abbiamo portato da Firenze. «Bar», decidiamo Emma ed io all’unisono.

Fuori fa freddissimo, ma per una volta non mi dispiace. Ho studiato così tanto che il cervello mi fuma e un po’ di aria fresca non può che fare bene a tutte e tre. Lisa risponde ad un messaggio e istintivamente sorride.

«Stefano?», domando andando sul sicuro.

«Sì», risponde Lisa con la voce di miele. Prima che finissero le lezioni, Lisa ci ha raccontato che la storia tra lei e Stefano è diventata ufficiale scatenando una serie di gridolini e urla estasiate («Un eccesso di estrogeni», come direbbe Federico). «Ci siamo baciati ad una festa e poi lui mi ha tenuto la mano per tutta la serata. L’altro giorno abbiamo parlato della nostra relazione e lui mi ha confidato che per lui stiamo insieme da quel bacio», ci ha raccontato davanti al brulè dei mercatini. Da quel momento Lisa vive in un mondo di rose e fiori. Io ed Emma siamo felici per lei, davvero tanto. Per mesi l’abbiamo vista incappare in un lungo e interminabile elenco di casi umani conosciuti in rete. E poi è apparso Stefano, amico di amici, un ragazzo serio e dolcissimo per cui Lisa ha perso la testa e che la chiama "Splendore" anche dopo un viaggio di 6 ore con i vestiti sgualciti e senza trucco.

«Come sta andando con lui?», indaga Emma vestendo la sua aria da fangirl agguerrita. «Beneeeeee». trilla Lisa. «Mi ha portata fuori a cena per il mesiversario». Sorrido.

All’inizio della storia con Raf ogni mese mi sembrava una conquista, adesso invece è tutto più naturale e meno commedia romantica. Lisa invece è nel pieno della luna di miele. La cosa buffa è che in tutto questo Emma e Federico sono proprio a metà tra la luna di miele e la quotidianità. Praticamente siamo in tre fasi diverse dei rapporti amorosi. «E certe battute in pubblico le fa solo per mettermi in imbarazzo», sta commentando Emma imbronciata mentre riesco dai miei pensieri ed entriamo nel bar.


Qui dentro c’è un calduccio piacevole e poche persone seminate sui tavolini di legno. Gennaio è un po’ come il covid che tiene le persone segregate in casa. Ci appropriamo del solito tavolino in fondo, quello più nascosto in assoluto, e apriamo il menù dal QRcode. Sbircio le proposte senza grande entusiasmo: ho deciso ancor prima d’entrare che voglio la cioccolata calda aromatizzata alla nocciola. Il solito cameriere, riccio con gli occhi blu, si avvicina al tavolo per prendere le ordinazioni.

«Comunque, non vi ho ancora raccontato cosa è successo alla vigilia di Natale», esordisce Emma appena il cameriere ci lascia sole. Lisa abbandona il telefono nella borsa per dedicare ad Emma tutta la sua attenzione. Io mi appoggio sui gomiti. «Cosa?», chiedo.

«Sono stata a pranzo da Federico», incomincia Emma, «E ovviamente c’era Francesco». Francesco è il fratello minore di Federico, quello per cui lui ha fatto a botte da bambino pur di proteggerlo dai bulli. Lisa ed io facciamo silenzio aspettando che Emma prosegua. «Io e Fede siamo entrati insieme ed eravamo pronti all’imbarazzo generale. Invece, Francesco ci è venuto incontro, ha salutato Fede con una pacca sulla spalla (non si vedevano da un paio di mesi perché lui è rimasto a Milano) e poi ha salutato me con un abbraccio e due baci sulla guancia. Tranquillissimo».


Il cameriere arriva con le ordinazioni. «Be’, bene no?», domando mescolando la mia profumatissima cioccolata alla nocciola.

«Si! Però non me lo aspettavo!», ribatte Emma.

Lisa agguanta la sua ciambella alla vaniglia e ci guarda perplessa. «Mi sono persa qualche puntata».

«Francesco è il fratello di Federico che era innamorato di Emma», riassumo.

Lisa sgrana i suoi sorprendenti occhioni azzurri.

«Già…», commenta Emma. «Ha fatto la triennale con noi, non so se te lo ricordi, e per tutti gli anni di triennale mi è venuto dietro», ammette.

«Un po’ si vedeva», commento pensando alle mille attenzioni e agli sguardi languidi di Francesco. «E con Federico?», domanda Lisa.


«Con Fede c’è sempre stato qualcosa ad essere sincera. Ovviamente non del tipo che gli sono andata dietro finché non ci siamo messi insieme. Diciamo che ho sempre pensato che fosse un bel ragazzo e siamo sempre andati molto d’accordo. Però c’era questa cosa di Francesco. Fede, da parte sua, ha sempre avuto un mezzo interesse per me, ma non voleva far star male suo fratello e quindi sia io sia lui abbiamo avuto altre storie», spiega Emma. «Sembra un po’ un film», commento, «Uno di quelli in cui le cose possono accadere solo al momento giusto».

Emma sorride appoggiando il muffin Red Velvet sul piattino bianco prima di concludere il discorso: «Be’, alla fine è così. Ogni storia d’amore ha bisogno del suo tempo: tra me e Fede c’è sempre stato qualcosa, ma il nostro tempo è arrivato soltanto dopo che Francesco è andato a Milano». Le sorrido. Emma e Federico stanno bene insieme e vedere la mia amica felice fa felice anche me. Tanto più che adesso Francesco l’ha superata e possono viversi alla luce del sole.


«Che bello», commenta Lisa, «Spero di essere anche io così felice con Stefano tra sei mesi». Penso sia il suo turno di raccontarci qualcosa.

«Hai dubbi?», indaga Emma.

«Si e no. Lui è fantastico, ma a volte penso che magari non lo conosco abbastanza. Ci siamo messi insieme velocissimi e davvero mi sembra che non abbia difetti. Lo so che li ha, ovviamente. Ma ho un po’ paura di svegliarmi da questa fase rosa e fiori e scoprire che non è così meraviglioso», confessa Lisa.

«Penso sia normale», la rassicuro. «Io per i primi 5-6 mesi di relazione ero convinta che sarebbe finita a breve. Pensa che avevo detto a mio cugino che non ero sicura che avrebbe conosciuto Raf perché magari ci saremmo mollati il mese dopo, giusto per farti capire». Emma ridacchia. «E poi guardali ora che non sono capaci di staccarsi».

Le faccio la linguaccia. «Io e Raf eravamo amici da tre anni quando ci siamo messi insieme e comunque avevo paura di non conoscerlo abbastanza», ribadisco.

«Vero», mi dà manforte Emma. «Ma in ogni caso credo che il bello di una relazione sia anche questo: scoprirsi insieme». Oggi è in vena di perle di saggezza. Lisa fa un attimo di silenzio e poi sorride. «Avete ragione. Ho tanta voglia di scoprirlo!».

Sorrido. «E di scoprirti, perché alla fine stare con qualcuno vuol dire mettersi tanto in gioco e scoprire anche sé stessi». Le mie amiche annuiscono all’unisono. Mi piacciono questi momenti tra donne.


«Ora tocca a te a raccontarci qualcosa», decide Lisa guardandomi. La mia tazza di cioccolata è posata vuota davanti a me. Ci penso un attimo su e poi comincio.

«Vi racconto che un mesetto fa Raf mi ha ferita seriamente per la prima volta da quando stiamo insieme». Le mie amiche sgranano gli occhi. «Mio nonno è stato male ed io dovevo andare all’ospedale da lui perché era il mio turno. Avevo chiesto a Raf di accompagnarmi, ovviamente senza obblighi, e lui mi aveva detto di sì. Arrivato il giorno di andare in ospedale, lui si è dimenticato e mi sono dovuta arrangiare da sola… E poi, ciliegina sulla torta, si è scusato con una telefonata (era impegnato da un’altra parte e non poteva venire). Mi ha chiesto come stessi e come stesse mio nonno e tutto quanto. Però non ha sentito il bisogno di venire da me per rimediare».

Lisa ed Emma stanno scuotendo la testa. «Ma davvero?».

«Certo. Ci sono rimasta malissimo. Avevo fatto affidamento su di lui per una cosa importante e si è dimenticato. Veramente, mi ha deluso tantissimo. Non ero nemmeno arrabbiata perché non lo ha fatto di proposito, anzi. Però ci sono davvero rimasta male».

Emma annuisce. «Questa volta non si può scusarlo».


Già. «Lo so. All’inizio ho pensato che avremmo potuto litigare, o che mi sarei fatta fuori questa delusione tra me e me stessa e non volevo parlarne. Poi però mi sono resa conto che se reagisco così alle delusioni costruisco un muro tra me e lui. L'ho chiamato all'una di notte e gli ho detto come mi sono sentita, gli ho detto che mi aveva deluso e che aveva davvero dato un brutto colpo alla mia fiducia. Lui, ovviamente, c’è rimasto malissimo e mi ha portata fuori a pranzo per scusarsi», concludo il racconto.

«Be’ ci mancherebbe», commenta Lisa.

Sorrido. «Però è una cosa che in realtà penso ci abbia fatto bene come coppia. Stare con qualcuno vuol dire che sicuramente quel qualcuno ti ferirà perché siamo tutti umani e sbagliamo tutti. La differenza sta proprio nelle reazioni. Raf si è reso conto di aver fatto un casino e di avermi fatto stare male e abbiamo cercato un modo perché non succeda più. Mi ferirà altre volte e altre volte io ferirò lui. È normale. Tutto sta nella nostra reazione, nel sapersi perdonare e saper ricominciare. E alla fine penso che riuscire a perdonarlo e dargli la possibilità di starmi accanto anche nell’imperfezione e nello sbaglio sia un passo in più nel nostro rapporto». Le mie amiche mi sorridono.


Alla fine, le delusioni sono come la sessione: dipende tutto da come le prendi tu. Raf mi ha deluso. È vero, ma sono fiera di me stessa, della mia reazione e di come questa cosa non abbia fatto altro che insegnarci a volerci più bene.

«Dobbiamo ricordargli che è un ragazzo fortunato», commenta Lisa.

Rido. «Anche io lo sono», ammetto, «Però ora dobbiamo tornare a studiare».


 

«Allora?», domando mentre Raf finisce di leggere il nuovo episodio.

«Carino», risponde lui placido. «Però ora voglio lo spoiler».

Scuoto la testa. «Oggi niente spoiler sul prossimo episodio, qualche asso nella manica me lo devo conservare», lo ammonisco. «E poi non penserai mica di guadagnarti anticipazioni con dei commentini così freddi e sintetici».

Raf sbuffa. Lorenzo, seduto accanto a noi, ridacchia. «Io ho una domanda», mi informa, mostrandosi più partecipe del mio moroso.

«Sentiamo».

«Perché voi donne dovete sempre spettegolare?»

Raf ride. Io faccio la linguaccia. Lorenzo alza le spalle. «Ve lo dico sempre anche durante le lezioni: dovete spettegolare meno e stare più attente». Scuoto la testa esasperata e penso che John Gray aveva ragione quando ha scritto che gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere.



 


Daphne Squarzoni, nata nel 1999, laureata in Studi Storici e Filologici, si sta specializzando in Filologia e Critica Letteraria. Dal 2019 porta avanti numerosi progetti didattici nelle scuole elementari insieme all'associazione Siderea e alla casa editrice Isenzatregua, con cui collabora attivamente e con cui ha pubblicato nel 2022 Piccolo diario della guerra europea del 1914-1915.




 

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