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LETTURE NEL PATIO: "Dragan l’imperdonabile" di Roberto Masiero.

L'AMICO AMERICANO.

STORIE D'OLTREOCEANO



di Emanuele Pettener



In questo marzo crudele, mi rifugio sempre più spesso nel patio a leggere. Nel patio l’aria è dolce, la foresta freme appena, accarezzata da una brezza gentile, e gli uccellini suonano un’ouverture. Qui la guerra è lontana, si limita a un bisticciare fra scoiattoli e passerotti per qualche briciola lasciata a loro beneficio in giardino, ma ecco che me la ritrovo (nelle fattezze della guerra che insanguinò l’ex Jugoslavia) nel romanzo che ho fra le mani, Dragan l’imperdonabile, di Roberto Masiero, pubblicato da Infinito Edizioni nel 2019.



Un pensiero. Se fossi un editore indipendente, la mia priorità sarebbe specializzarmi in alcuni campi specifici, di modo da offrire un prodotto che altri non offrono (oppure offrono in modo dispersivo) così da essere identificato, riconosciuto, ricercato da quella squadra di lettori attratti dal tipo di libri che propongo solo io. Per esempio, trovo questa casa editrice modenese, Infinito, particolarmente interessante soprattutto per l’attenzione al continente africano (Collana Afriche) e all’Est, non solo europeo (Collana Orienti): un lavoro intellettuale serio che si sviluppa sia attraverso la saggistica che la narrativa.

Dragan l’imperdonabile (2019) di Roberto Masiero è proprio inserito nella collana Orienti. Di Masiero, bolzanino trapiantato nel trevigiano, ho letto diversi racconti e romanzi, fra i quali il primo Mistero animato (Moby Dick, 2009), che mi piacque molto nella prima metà, lasciandomi più freddo nella seconda, troppo ecologica per i miei gusti; e uno degli ultimi, La strana distanza dei nostri abbracci (Meligrana, 2013), bella storia d’amore sul filone Giulietta e Romeo, nella Bolzano di fine anni ’60 agitata da tensioni italo-germaniche. I romanzi di Masiero hanno questa peculiarità: sono storie che incontrano la Storia, storie che prendono una direzione finché la Storia le costringe a prenderne un’altra – vi è sempre una sorta di cortocircuito, a un certo punto, e il romanzo che credevi di leggere diventa un altro. La tragedia della Storia s’innesta nella commedia della storia.


Dragan l’imperdonabile è un gran bel romanzo. Per architettura, cura della trama, finezza psicologica, sapienza stilistica. Dal principio, si legge con leggerezza - malgrado la cupezza della vicenda: scorre come un ruscello, nel racconto in prima persona di Giada, della sua monotona quotidianità; ma questa monotonia non annoia il lettore, per fortuna, potremmo dire che non è monotona: sia perché il lettore è all'erta e sente che qualcosa sta per succedere; sia perché vi è qualcosa di attraente in questa quotidianità, come spiando dal buco di una serratura; sia, infine, perché c'è qualcosa d'inquietante nella malinconia nervosa di Giada, e turba questo suo conversare con una figlia invisibile. Ci si chiede: è pazza? E la storia sembra procedere, tutto sommato placidamente, stuzzicandoci nell’esistenza di questa commessa irritabile e un po’ misteriosa. Ma Masiero ci sta prendendo per il naso…



Per chi ama la letteratura come viva sorgente di vita, come rappresentazione artistica che trasforma il fango in oro, quello che appaga in Dragan l’imperdonabile è la scrittura. Le frasi non sono mai banali, riempitive, superflue: vi è un lavoro - e un'originalità - in ogni frase, la quale ha una sua elettricità, procurata spesso da una costruzione inusuale o semplicemente da un aggettivo inatteso. Questo - da sempre - è l'aspetto dello stile di Masiero che apprezzo di più, e che lo rende diverso, unico, dotato di una forza superiore rispetto alla grande maggioranza degli scrittori italiani. (Solo un pezzo non mi ha convinto: il racconto in corsivo di Dragan - troppo lirico secondo me).


Passiamo ora ai personaggi: Giada, la narratrice, non è simpatica; è acida, ha rabbia, ma è intelligente, autentica...la sua storia col portiere truccatore di partite, con la madre inerme, la tensione col Beppeverdi al punto che, passo dopo passo...tutto funziona. Giada è interessante, affascinante, non cade mai in stereotipi. Visto che l'ho nominato, Oscar come miglior attore non protagonista al Beppeverdi. Anche con lui, il romanziere entra delicatamente nella sua anima, anche lui è buono e cattivo, attrae e respinge (facciamo nostre le sensazioni di Giada). Ma bravo nel suo ruolo anche il commissario calabrese, che pur col suo intercalare non diventa mai macchietta. E infine Dragan. L’eroe/antieroe.


Se chi sta leggendo queste mie righe s’è incuriosito e intende procurarsi il romanzo, si fermi qui. Le mie impressioni di lettura mi costringono a “spoilerare” il testo. Faccio una pausa per permettervi di ritirarvi e ordinare il romanzo, mentre sorseggio il mio caffè e una lucertola arrampicata sulla zanzariera mi osserva stupita.




 

Dragan, dicevo. Si spera fino all'ultimo che sia innocente - e in fondo la bellezza della storia, la sua blasfemia, sta proprio nel fatto che pure nel mostro qualcosa di innocente potrebbe esserci. C’è. Il mostro con Giada è stato una brava persona, non possiamo esimerci dall'aver pensato questo. Il mostro ha amato. Dragan rimane un mistero, alla fine del romanzo, ed è giusto che sia; la sua è una storia nella Storia, una Storia atroce, tanto più atroce perché assurda, insensata - l’atrocità della guerra, un'atrocità folle che Masiero rende con perfezione di artista. Non c’è nulla di peggio in un’opera d’arte che scelga di rappresentare l’atrocità, se vi si avverte una nota falsa, un vago sentore di opportunismo, di sfruttamento del dolore. Masiero sente l’atrocità della guerra con sincerità totale, e possiede l’arte per trasferirla sulla pagina senza mai farsi imbrigliare dalla retorica o dall’autocompiacimento, senza mai cadere nel kitsch. Nelle pagine della seconda parte, il lettore prova dolore, nausea, disperazione. Si inorridisce. E si ha bisogno, come concentrandosi su un fiorellino in mezzo alle macerie, della piccola storia tra Giada e Beppeverdi... qualcosa di umano.



 



Emanuele Pettener, nato a Mestre, insegna Lingua e Letteratura italiana alla Florida Atlantic University (Boca Raton, Florida), dove nel 2004 ha conseguito un Ph.D in Comparative Studies. Ha scritto numerosi articoli e racconti apparsi su riviste statunitensi e italiane. È autore dei romanzi È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo (Corbo, 2009), Proust per bagnanti (Meligrana, 2013), Arancio (Meligrana, 2014), e Floridiana (Arkadia, 2021). Ha pubblicato il saggio Nel nome del padre del figlio e dell’umorismo. I romanzi di John Fante (Cesati, 2010) e, in inglese, la raccolta di brevi racconti A Season in Florida (Bordighera Press, 2014, traduzione di Thomas de Angelis).



 

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