Le Muse Invisibili: Victorine Meurent
- Redazione TheMeltinPop
- 1 set
- Tempo di lettura: 6 min
L'anima e il corpo dell'audace Olympia
a cura di Antonella Grandicelli

Chi sono le donne ritratte nei grandi capolavori? Perché sappiamo così poco di loro?
Un viaggio al di là della cornice per conoscere le vere protagoniste dell’arte.
Victorine Meurent: il volto dell’Olympia
Nel 1865, al Salon di Parigi, un quadro provoca un autentico scandalo. S’intitola Olympia e rappresenta una giovane donna nuda, sdraiata su un letto, che fissa lo spettatore dritto negli occhi, lo sguardo calmo, senza vergogna. L’autore é Édouard Manet, già conosciuto per la sua visione rivoluzionaria della pittura. Ma ciò che colpisce davvero il pubblico che si aggira per il Salon— più ancora della novità della sua pittura — è lei, è l’audacia senza veli di Victorine Meurent.
È lei l’Olympia di Manet. Sua è la nudità del corpo d’alabastro, suo è lo sguardo diretto e sfrontato. E sarà proprio l’insolenza di quello sguardo a rendere immortale il dipinto. Sicuro di sé e senza sottomissione alcuna alle etichette artistiche che rendevano i nudi tollerabili alla pruderie benpensante.
Olympia non era una dea, non era un ideale etereo. Era reale. Era una donna con un corpo vero, uno sguardo intelligente, una posa consapevole. Per la borghesia parigina del tempo, era uno schiaffo alla sua ipocrisia. Ma chi era Victorine? Oltre la tela, oltre la musa, chi era la donna che sfidò con il suo corpo e il suo volto la morale del tempo?


Dalla periferia alla pittura
Victorine Meurent nasce a Parigi nel 1844, nel quartiere operaio di Batignolles, in una famiglia modesta. Il padre è un artigiano bronzista, la madre lavora come modista realizzando cappelli. Nonostante quindi l’ambiente in cui cresce possa sembrare poco stimolante, Victorine è una ragazzina ambiziosa, che mostra presto interesse per l’arte, che sia la pittura o la musica, dimostrando infatti il suo talento sia con il violino che con la chitarra.
Spinta dalla sua passione per l’arte, intorno ai sedici anni lascia la periferia per trasferirsi al 25 di rue Bréda (oggi rue Monnier), ai piedi della collina di Montmartre, e inizia a posare come modella per pittori, l’unico modo per una giovane di belle speranze ma squattrinata di mantenersi e di frequentare l’ambiente artistico. Il primo che nota la sua bellezza particolare è Thomas Couture, insegnante di pittura di molti dei talenti pittorici di quegli anni. Ed è probabilmente grazie a questa connessione che, nel 1862, avviene l’incontro decisivo con Édouard Manet.
La musa di Manet: scandalosa, moderna, viva
Da tutti è conosciuta come la Crevette (il gamberetto), per i suoi fluenti capelli rossi e la sua carnagione rosea. Manet rimane subito colpito da Victorine: non è solo bella, è intellettualmente vivace, intelligente, indipendente. Il loro primo lavoro insieme è “Le Déjeuner sur l’herbe” (1863) ed è subito scandalo. Victorine è la donna nuda in primo piano, seduta tra due uomini vestiti, che guarda lo spettatore senza pudore, rompendo con la tradizione del nudo classico.
Due anni dopo, Manet la ritrae di nuovo in “Olympia”. Victorine non è solo nuda: è consapevolmente nuda, è un corpo che esiste per sé, che posa per vivere. Forse una prostituta, certo non un angelo del focolare o una divinità lontana e inaccessibile. È questo che disturba. Non tanto la sua nudità, quanto l’ardire della sua consapevolezza.

Oltre la musa: Victorine pittrice
Tra il 1862 e il 1873 Victorine è protagonista di molti dei dipinti di Manet, oltre a prestarsi come modella per Alfred Stevens e Edgar Degas. Tuttavia non dimentica la ragione per cui ha deciso di avvicinare quel mondo: lei vuole dipingere, vuole essere artista. Anche se la storia dell’arte ufficiale non le ha mai concesso uno spazio adeguato, in realtà Victorine Meurent è stara una pittrice formata, attiva e riconosciuta nel suo tempo.
Dopo un breve parentesi negli Stati Uniti al seguito di una compagnia teatrale, Victorine torna a Parigi e comincia la sua formazione accademica: studia disegno e pittura, presumibilmente presso studi privati o accademie minori accessibili alle donne, poiché l’École des Beaux-Arts non accetta ancora ufficialmente le studentesse. È il 1876 quando una sua tela, un autoritratto, viene accettata dal Salon ufficiale. In quella stessa edizione l’opera presentata da Manet viene rifiutata. Le opere di Victorine Meurent parteciperanno a quattro edizioni del Salon parigino.
Il suo stile si distacca dalla radicalità di Manet. Victorine Meurent predilige una pittura più sobria, figurativa, quasi tradizionale, probabilmente anche per ottenere l’approvazione del Salon. Non è un’eccezione: molte artiste dell’epoca hanno scelsero questa via, dedicandosi all’esplorazione di temi quotidiani o domestici con un linguaggio che mostrasse solidità tecnica ma non cadesse nella provocazione. L’obiettivo era sopravvivere, vendere, essere accettate. Questo non toglie valore alla loro arte.

Gli anni della maturità
La carriera pittorica di Victorine è probabilmente modesta, ma costante. Espone, forse vende, sicuramente dipinge con dedizione. Nonostante ciò, non entrerà mai a far parte pienamente dei nuovi circoli dell’Impressionismo, né delle accademie. Il suo spirito indipendente e la sua condizione sociale non si integrano facilmente con i salotti dell’arte. Nel 1903 però la Società degli artisti francesi la accoglie, riconoscendo il valore della sua arte.
Con l’avanzare del secolo e la morte di Manet (1883), l’interesse per Victorine cala drasticamente. Alcuni suoi contemporanei, tra cui lo stesso Manet, non la presero mai davvero sul serio come artista, segno evidente del pregiudizio maschilista dominante.
In quegli anni decide di lasciare Parigi e si trasferisce a Colombes, forse anche per poter vivere più serenamente la sua omosessualità e il rapporto con la sua compagna Marie Dufour. Continua a dipingere - soprattutto ritratti di animali domestici su commissione - e a dare lezioni di chitarra. A Colombes muore il 17 marzo 1927, all'età di 83 anni. Dopo la sua morte e quella di Marie nel 1930, i beni presenti nella casa vengono dispersi o bruciati, compresi i suoi dipinti.
T
re sono le tele che di lei si conservano nel museo d'arte e storia di Colombes: “La domenica delle palme”, che aveva esposto al Salon, “Le Briquet” e il “Ritratto del cane Jup”. Il suo “Autoritratto”, esposto al Salon del 1876, è stato ritrovato e ora è conservato nel museo delle Belle Arti di Boston.

Victorine e il corpo femminile nell’arte: soggetto o oggetto?
Victorine Meurent non è stata soltanto una modella, ma un soggetto attivo, dotato di voce, corpo e identità in un’epoca in cui le donne erano relegate quasi esclusivamente al ruolo di muse passive. In questo senso, la sua immagine ha avuto un impatto simbolico che ha superato di gran lunga la cornice dei quadri in cui è stata ritratta.
Nel contesto della pittura accademica ottocentesca, il nudo femminile è ancora legato a codici precisi: mitologia, allegorie, idealizzazione. Il corpo della donna è spesso mostrato attraverso il filtro del desiderio maschile, ma neutralizzato dal pretesto culturale. Una Venere, una Danae, una Ninfa: corpi sì, ma senza volontà. Con “Olympia”, Manet e Victorine rompono questi codici.
Non si tratta solo di un nudo: si tratta di una donna vera, che guarda lo spettatore come un suo pari — magari come un cliente, un interlocutore, ma mai come un padrone. Molto dell’effetto dirompente di questo dipinto lo dobbiamo alla forza di Victorine stessa. Il suo fisico minuto, il rosso sfrontato dei suoi capelli, lo sguardo intelligente e il suo desiderio di essere riconosciuta nel suo ruolo di modella come soggetto del dipinto e non oggetto, le hanno permesso di incarnare una femminilità non idealizzata, non mitica, ma vera, concreta, moderna.
Il critico d’arte John Berger, nel suo celebre saggio “Ways of Seeing”, scrive che le donne nella pittura europea furono spesso viste ma raramente vedenti. Victorine, invece, vede. In questo senso, rompe il patto secolare tra artista e spettatore. E lo fa con uno sguardo silenzioso ma devastante. Con Victorine, il corpo femminile diventa soggetto di sguardo, non solo oggetto. Questo è ciò che fece tremare la morale dell’Ottocento.
Ancora oggi, Olympia continua a vivere sotto lo sguardo di milioni di visitatori al Musée d’Orsay, ma dietro ai suoi occhi, chi ci guarda, invisibile ma presente, è Victorine Meurent.
Se volete saperne di più:
Eunice Lipton, Alias Olympia: A Woman’s Search for Manet’s Notorious Model and Her Own Desire (1992)
Emmanuel Laurent, Mademoiselle V. Journal d’une insouciante (2003)
Anne Becker, Victorine Meurent: Le Modèle et l’Artiste (2002)
Debra Finerman, Mademoiselle Victorine: A Novel (2007)
V. R. Main, A Woman With No Clothes On (2008)
Maureen Gibbon, Rosso Parigi (Paris Red) (2015)
Drema Drudge, Victorine (2020)
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