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  • Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

Muretti da leggere

Una luce poco fa (Piccole occasioni di gioia quotidiana)


di Elena Nieddu



Mi piace guardare i muretti a secco. Fermarmi per lunghi attimi, godere un po’ del loro calore, e poi riprendere a camminare. Mi piace leggerli come se fossero quaderni di appunti della storia del mondo, ogni roccia con la sua storia, ogni zolla di muschio cresciuta fra gocce di neve, ogni foglia d’edera piovuta dal cielo, ogni lucertola nata nella notte.


Non sono certo la prima. Un “rovente muro d’orto” ispirò a Eugenio Montale una delle sue poesie più efficaci nel raccontare il nostro difficile passaggio in questo mondo; e il fotografo americano Ansel Adams ritrovò, nelle rocce del parco Yosemite, in California, una geografia di paesaggi minuscoli, incisi nella pietra come un mondo di vette e vallate. Contrariamente a quanto di solito si crede, le pietre hanno un’anima e sono felici di svelarla: basta osservarle con la luce giusta, accostare un po’ l’orecchio, per sentire quale storia vogliano raccontare. Le loro venature sono antiche, parlano di grandi catastrofi: terremoti, maremoti, perfino asteroidi scesi dal cielo a cambiare per sempre il loro destino. Le facce sono rugose, come visi toccati dal tempo, le loro forme definitivamente incise dalla mano dell’uomo. Sono, a un tempo stesso, natura e cultura, forza selvaggia e carezza.


Mi piace guardare i muretti a secco da una certa distanza, per vedere come forme di vita diverse si incrociano e diventano una realtà unica. Mi piace guardare come le pietre imperfette si incastrano, per formare una comunità, così come le storie di noi esseri umani, ognuno irregolare a suo modo.

Mi piace osservarli, perché ogni volta risvegliano un ricordo, troppo lucido per essere reale.

Un giorno, molti anni fa, visitando un tempio buddhista in Nepal, il mio amico N. si fermò rapito davanti a una distesa scintillante di candele. Restò immobile a lungo, lasciando baluginare le fiammelle nelle sue iridi verdissime. Era sera, nuvole scure avvicinavano la notte. Avevo fretta, perciò non capivo. Dopo un tempo che mi parve eterno, gli domandai cosa stesse guardando. N. si voltò e, con voce fragile, disse: “Gli uomini”.



Photo by Claudio Castellini


Elena Nieddu

Nata a Genova nel 1974, laureata in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Torino, ha conseguito il praticantato giornalistico all’Ifg “Carlo De Martino” di Milano. Nel 2019 è uscito il suo primo libro, “Senza pelle”, edito da Ensemble. Suoi racconti sono stati pubblicati da “Nuovi argomenti”, “La città”, “Letterate Magazine”. Per il quotidiano “Il Secolo XIX” si occupa di cultura, spettacoli e società.











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