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La scusa migliore. Una luce poco fa, (piccole occasioni di gioia quotidiana)



di Elena Nieddu

photo by Elena Nieddu


“Pronto?”.

“Buongiorno, signora, sono X”.

Il nome della ragazza svanisce immediatamente dalla memoria, esplode in un pulviscolo di suoni da cui emerge un lieve accento del Sud Italia.

“Vorrei parlarle del trading online”.

Il libro tra le mie mani rimane aperto, immobile, oserei dire indifferente, mentre gli occhi si spostano lontano, rimbalzano su una distesa d’acqua grigio perla.


“La ringrazio molto, ma non mi interessa”.

Dall’altra parte arriva una risposta meccanica, dettata da uno schema imparato a memoria, forse scritto in una slide di un mini corso di preparazione.

“Non le interessa perché non lo…”.

Interrompo.

“Mi scusi, davvero…”.


Quasi non mi accorgo che, attorno, si è solidificato uno strano silenzio. Seduti su poltroncine da regista, il papà e la mamma accanto a me hanno smesso di parlare, e anche il loro bambino tutto ricci resta fermo in piedi con in mano un rastrello. La ragazza davanti a me, sdraiata a pancia in giù sulla sabbia, perde di vista il computer e mi fissa. Sono io, quella voce che arriva dall’altro capo del telefono. Sono io, quindici anni fa, in un call center di Milano, intenta ad ascoltare le scuse più fantasiose atte ad allontanare una conversazione non cercata, non desiderata. Quanto tempo è passato? Ere geologiche, o solo qualche settimana?

La ragazza senza nome merita rispetto, penso. Merita almeno la verità.

“…è che stavo leggendo”, dico, alla fine.

Sento, da lontano, una pausa a forma di sorriso, seguita da un “ah” di stupore. Forse X. è tentata di chiedermi cosa stia leggendo. Forse, penso, sente lo sciabordio delle onde del mare in lontananza e vorrebbe essere qui accanto, in un pomeriggio qualsiasi di un qualsiasi giorno feriale.

“Va bene, non la disturbo oltre, le auguro una buona giornata”.

Le parole sono vere, adesso, hanno perso l’esoscheletro dell’impostazione data dall’ufficio marketing. Hanno un suono diverso, pastoso.

“La ringrazio molto. Buon pomeriggio anche a lei”.

Guardo l’acqua che respira pigramente sulla battigia. Ho la sensazione di un atto mancato, un vuoto a cui devo rimediare. Batto le ciglia e ricordo.

“Mi scusi, come si chiama?” soffio nel microfono.

Ma X. è già andata via.

E il suo nome, per me, è il nome di un’assenza.






photo by Claudio Castellini

Elena Nieddu

Nata a Genova nel 1974, laureata in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Torino, ha conseguito il praticantato giornalistico all’Ifg “Carlo De Martino” di Milano. Nel 2019 è uscito il suo primo libro, “Senza pelle”, edito da Ensemble. Suoi racconti sono stati pubblicati da “Nuovi argomenti”, “La città”, “Letterate Magazine”. Per il quotidiano “Il Secolo XIX” si occupa di cultura, spettacoli e società.










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