di Emanuela Mortari
La voce del vento, lo schiaffo dell'Oceano Atlantico. Un viaggio ai confini dell'Europa, nel primo, o ultimo, a seconda dei punti di vista, baluardo di terra di fronte alla vastità dell'azzurro.
5.200 chilometri, cinquemiladuecento, per un giro ad anello che ha Genova come punto di partenza e di ritorno, Sagres, in Portogallo, la meta principale. Nel mezzo tappe diverse in Francia e in Spagna. Un percorso affrontato a luglio 2022, nel bel mezzo dell'ondata di caldo che ha investito l'Europa.
Tappa 5 - Lisbona e il cibo portoghese
Dici Portogallo e in automatico, anche chi non sa granché di questo Paese, ti chiede: l'hai mangiato il bacalhau? E le sardinhas? Ebbene sì. Baccalà e sardine (queste ultime molto più grandi delle nostre) sono tra i piatti tipici soprattutto sulla costa e bisogna dire che un po' ovunque si trovano delle proposte dignitose. Ci sono però dei posti dove il cibo tipico diventa un'esperienza indimenticabile per il contorno ambientale.
Occorre però andare con ordine.
La sera stessa del nostro arrivo a Vila do Bispo abbiamo chiesto alla nostra ospite, Josefina, dei consigli su dove andare a cena. Ci ha dato tre nomi: Tasca do Careca (Tasca in portoghese indica un locale semplice, spartano, una taverna insomma) a Vila do Bispo, Adega dos Arcos ed Escondidinho a Sagres. Del primo, purtroppo, ricorderemo solo la minuscola sala perennemente piena. Occorreva arrivare molto presto, visto che il locale non prende prenotazioni, e a luglio i posti si esaurivano in un battibaleno. Niente doppi turni.
I due di Sagres invece sono stati una scoperta piacevolissima: posti non turistici con qualità del cibo eccellente, personale gentile e preparato.
Adega dos Arcos, un locale non facile da trovare senza l’aiuto di una cartina e a cui non si darebbe una lira dall'esterno, è il tempio del pesce. Anche qui non si prenota, si attende il proprio turno, ma ci sono più tavoli: ancor prima di sederti il cameriere ti presenta il pescato del giorno al banco e la scelta spetta a te. Si sa subito quanto si spende e il pesce arriva dopo pochi minuti al tavolo, previo passaggio sulla griglia. La proposta non è fatta solo di sardine e dei classici orate o branzini, ma anche di pesci che si trovano meno frequentemente (alcuni a noi sconosciuti). Ci sono anche i percebes, crostacei che ricordano delle zampe di un animale preistorico, tipici della costa meridionale sull'Atlantico. Tutto viene cucinato sul momento e il prezzo è veramente bassissimo per gli standard a cui siamo abituati in Italia. Ottimi anche i dolci.
Anche da Escondidinho ci siamo trovati bene. Il locale è molto grande, frequentato soprattutto da persone del luogo, quindi non c'è problema di posto. Lì abbiamo provato la cataplana. Si tratta di una pentola ereditata dall'invasione dei mori dell’VIII Secolo: due semisfere di zinco o rame stagnato, che vengono chiuse ermeticamente e consentono una cottura a vapore. La cataplana più famosa è quella di pesce, ma c'è anche di carne ed Escondidinho propone un'altra variante: quella mista. Abbiamo scelto quest'ultima, trovando ottimo l'ardito abbinamento. I frutti di mare e i crostacei navigano in una bagna molto gustosa insieme a uno spezzatino di carne morbidissima grazie al tipo di cottura.
Il bacalhau migliore invece l'abbiamo mangiato a Lisbona, in un posto che resterà nella nostra memoria per la sua particolarità: Zé da Mouraria (nell'omonimo quartiere), un “buco” pieno zeppo di tavoli con la cucina molto in vista, praticamente accanto ai commensali. Essendo arrivati ben oltre l'ora di pranzo siamo riusciti a sederci. Le pareti sono ricoperte di maioliche portoghesi e di fotografie con personaggi probabilmente famosi. Ci siamo fatti ispirare dal bacalhau com todos, lesso con patate, ceci, carote, rapa, porro e cavolo portoghese. Non siamo rimasti delusi: una porzione enorme e gustosissima che abbiamo terminato con difficoltà.
Il locale si trova molto vicino al capolinea del mitico tram 28 (Praça Martin Moniz). Il piccolo mezzo che è il modo migliore per visitare la città, piuttosto caotica dal punto di vista del traffico. Abbiamo parcheggiato l'auto all'altro capolinea, quello di Campo Ourique, e ci siamo messi in coda per salire sul capolavoro restaurato che è tutt'oggi un tram di linea, usato anche dagli abitanti stessi della città.
Il 28, con la sua unica mini-carrozza gialla e bianca e gli interni in legno laccato, attraversa i quartieri più importanti della capitale in un percorso di circa 7 chilometri: Alfama, Baixa, Barrio Alto, Graça ed Estrela. Lisbona è costruita su sette colline, i saliscendi e le strade strette e curve rendono impossibile allungare i mezzi pubblici. In alcuni tratti il tram quasi sfiora le pareti dei palazzi. Discese e salite a volte sono talmente ripide che ci si domanda come sia possibile per quelle vetture affrontarle senza problemi.
La nostra visita lampo a Lisbona non poteva prescindere da Rua Augusta, la via principale della città, pedonale, che conduce verso la grande Praça do Comércio. Inevitabile, durante il cammino, una sosta da Manteigaria, una Fábrica de Pastéis de Nata – il dolcetto di pasta sfoglia e crema, tipico portoghese – tra le migliori di Lisbona. Passati sotto l'arco di trionfo, ecco appunto la piazza del Commercio che dà direttamente sul fiume Tago. Circondata su tre lati da palazzi di colore giallo con ampi portici, è caratterizzata dalla statua di re Giuseppe I di Joaquim Machado de Castro (1775). Nel 1755 il terremoto che colpì Lisbona distrusse quello che era il palazzo reale proprio in quella piazza. Oggi gli edifici ospitano ministeri e musei.
L'ampiezza dell’estuario del Tago ci ha sorpresi e dopo una passeggiata sul lungofiume siamo risaliti a piedi verso uno dei punti panoramici della città: il belvedere di São Pedro de Alcântara, uno dei più famosi. Si trova proprio all’arrivo della funicolare da Glória, che consente di raggiungere il posto a chi non ha voglia di faticare a piedi. La vista è ampia, permette di vedere anche la collina del castello di São Jorge.
Siamo rientrati ripassando sul magnifico ponte 25 de Abril sul Tago, un capolavoro architettonico in acciaio di quasi due km di lunghezza e per non rifare la stessa strada dell’andata abbiamo deciso di evitare in gran parte l'autostrada, uscendo a Grândola e percorrendo la strada A-26 sino a Sines per poi scendere verso Vilanova de Milfontes e proseguire verso Aljezur, dove abbiamo sostato per cena al ristorante Cervejaria Mar. Il baccalà del pranzo si faceva ancora sentire, ma abbiamo gustato comunque una zuppa e un piatto di costine di maiale.
Emanuela Mortari, nata a Genova nel 1977, laureata in Scienze Politiche, lavora come pubblicista freelance per varie testate giornalistiche online, occupandosi prevalentemente di sport, economia e spettacolo. Nel 2021 esordisce nella narrativa con il thriller informatico "Connessione a rischio" (Another Coffee Stories Edizioni).
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