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#andandoazonzo: da Genova all'Atlantico

Immagine del redattore: Redazione TheMeltinPop Redazione TheMeltinPop


di Emanuela Mortari


La voce del vento, lo schiaffo dell'Oceano Atlantico. Un viaggio ai confini dell'Europa, nel primo, o ultimo, a seconda dei punti di vista, baluardo di terra di fronte alla vastità dell'azzurro.

5.200 chilometri, cinquemiladuecento, per un giro ad anello che ha Genova come punto di partenza e di ritorno, Sagres, in Portogallo, la meta principale. Nel mezzo tappe diverse in Francia e in Spagna. Un percorso affrontato a luglio 2022, nel bel mezzo dell'ondata di caldo che ha investito l'Europa.





Tappa 1 - Carcassonne, Tarbes e Lourdes


La partenza al mattino presto per lasciarci alle spalle la Liguria e i suoi cantieri, l'ingresso in Francia con le sue autostrade saliscendi, scavate nella roccia. Quello che ci colpisce subito è la cura del verde nelle aree di servizio, un sollievo nonostante la canicule. Gli spazi ampi a disposizione hanno consentito ai francesi di creare vere e proprie aree pic nic, zone riservate ai giochi per bambini, addirittura lasciando campo a qualche artista per la creazione di sculture.


Passato il traffico di Nizza ci addentriamo in una zona più selvaggia e il paesaggio alterna colline incolte ad ampi vigneti. La radio allieta il viaggio e scopriamo che una celebre pubblicità di divani italiani la fa da padrone anche Oltralpe: il claim nella nostra lingua è lo stesso, solo un et voilà nel finale lo differenzia. Maciniamo chilometri passando Montpellier e a Narbona imbocchiamo la deviazione per Tolosa.



Il termometro comincia a salire e quando arriviamo nei pressi di Carcassonne tocca i 40 gradi centigradi a metà pomeriggio. Ci concediamo una leggera deviazione per ammirare, almeno da lontano, la Cité: la cittadella, patrimonio Unesco, risale al periodo dei galli e conserva ancora oggi la doppia cinta muraria a difesa del castello e della basilica. Il ponte sul fiume Aude ci consente una visuale soddisfacente: la Cité è un capolavoro architettonico arrivato fino a noi grazie all'ostinazione dell'archeologo Jean-Pierre Cros-Mayrevieille, che ne impedì la distruzione nell'Ottocento. Le mura e il profilo del castello spiccano sul verde del prato della collina a 150 metri sul livello del mare. La posizione consentiva di dominare le comunicazioni sull'asse Nord-Sud. La cittadina, che conta meno di 50 mila abitanti, è addobbata di giallo per il Tour de France, di cui è tappa di arrivo e partenza. Il caldo è davvero insopportabile e la voglia di arrivare all'hotel prenotato a Tarbes ci fa affrettare verso l'auto. Per tornare sui nostri passi percorriamo uno scampolo di città bassa, una piacevole sorpresa: case basse color pastello, viuzze strette e pulite, un'impressione di vivibilità.


Ci attendono ancora due ore e mezza di autostrada e riprendiamo la A61 verso Tolosa per poi scendere verso Tarbes, la prima tappa. Quando attorno alle 18:30 arriviamo a destinazione (l'Hôtel Amys, adatto a chi è di passaggio), tiriamo un sospiro di sollievo. La scelta di Tarbes, oltre che baricentrica rispetto alla tappa successiva, è stata fatta per un motivo ben preciso: la vicinanza con Lourdes. Chi mi accompagna aveva piacere a rivedere il posto a distanza di quarant'anni dalla volta in cui c'era stato, per capire se la sensazione vissuta davanti a quella grotta è ancora di spiritualità non sporcata da tutto il carosello commerciale che c'è attorno.




Il fatto che si ricordasse ancora di come muoversi una volta parcheggiata l'auto, testimonia che il luogo gli era rimasto particolarmente impresso. Siamo ai piedi dei Pirenei, sempre nella regione dell'Occitania (come Carcassonne) e anche a Lourdes fa molto caldo, a tal punto che solo alle 19:30 sembra tutto pronto per una processione a cui partecipano anche tante persone invalide. La cittadina è cresciuta in relazione al turismo dei pellegrini: hotel e ristoranti non si contano, i negozi che vendono la celebre acqua pure, addirittura a taniche. All'interno dell'area puramente religiosa l'atmosfera cambia. Si resta affascinati dall'imponenza della basilica neogotica dell'Immacolata concezione, consacrata nel 1876, e dal mosaico dedicato alla proclamazione di quel dogma che sovrasta l'ingresso. Qualche perplessità la suscitano i prezzi di offerta consigliata per i ceri più grandi da votare alla Madonna: anche 250-500 euro.

La grotta, invece, è sempre la stessa e le panche per la preghiera sono sistemate di fronte senza copertura dalle intemperie. Nessun orpello, nessuna sovrastruttura. Le persone camminano costeggiando la roccia, la toccano per bagnarsi di quelle gocce in cerca di una benedizione per se stessi o per i loro cari.


Rientriamo a Tarbes per la cena. I menu turistici di Lourdes, con tanti richiami in italiano, non ci attirano e seguiamo il consiglio del nostro albergatore per un ristorante meta dei locali: L'aile et la cuisse. Siamo gli unici turisti tra gli avventori e il menù è solo in francese. Pur conoscendo la lingua abbiamo qualche difficoltà a capire tutti gli ingredienti, ma la scelta si rivela buona: la carne è ottima e dopo la cena rientriamo soddisfatti in albergo per ricaricare le batterie in vista della tappa più breve del nostro cammino.


continua...


(Le foto presenti nell'articolo sono proprietà riservata dell'autrice)

 




Emanuela Mortari, nata a Genova nel 1977, laureata in Scienze Politiche, lavora come pubblicista freelance per varie testate giornalistiche online, occupandosi prevalentemente di sport, economia e spettacolo. Nel 2021 esordisce nella narrativa con il thriller informatico "Connessione a rischio" (Another Coffee Stories Edizioni).


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