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Praga a modo nostro, ovvero un Natale fuori dal comune

Immagine del redattore: Redazione TheMeltinPop Redazione TheMeltinPop

di Arianna Destito Maffeo




Quest’anno io e mio marito Bruno abbiamo deciso di vivere un Natale un po’ diverso dal solito. Abbiamo scelto di andare via, altrove, per vedere di nascosto l’effetto che fa (Jannacci docet).

La scusa era anche quella di festeggiare il nostro anniversario di nozze, il 23 dicembre. E così abbiamo scelto Praga, un po’ per caso, un po’ perché nessuno dei due ci era mai stato.


Il 21 dicembre siamo atterrati in perfetto orario all’aeroporto Vaclav Havel e abbiamo usufruito da subito di un ottimo servizio Uber Airport che ci ha portato all’Hotel Garden Court nel centro di Praga, nel quartiere di Novi Mesto. Ad accoglierci, un signore gentile, Yousef, un arabo che parlava un eccellente italiano. La stanza 221 era perfetta, una piazza d’armi dotata di ogni comfort, compresa una cyclette che in realtà abbiamo usato come porta-abiti, giusto per appoggiare qualche maglia. Quando prenoti su Booking.com speri sempre che la realtà corrisponda alle immagini offerte dalle foto proposte e che non ci sia dietro un pacco ad aspettarti.


Dopo esserci sistemati ci facciamo indicare da Yousef un ristorante tipico della Repubblica Ceca, un locale possibilmente non troppo “per turisti”.

Carichi di entusiasmo ci dirigiamo verso l’agognata meta, fuori dal centro storico, un po’ affamati e un po’ incuriositi.

La sensazione di camminare per le strade di una città che non conosci, mischiandoti a persone del posto, come se fosse la cosa più naturale del mondo è davvero impagabile. Una sensazione di libertà e di respirare aria nuova a pieni polmoni. E in effetti l’aria è davvero nuova e decisamente glaciale. La temperatura è intorno allo zero, Il freddo è secco e pungente.

Entriamo nel locale tipico, in legno, a metà tra un pub e un ristorante. Bruno ordina al cameriere un po’ scazzato un goulasch e una birra. Gli chiede una rossa. “Red?!” ci guarda il cameriere strabuzzando gli occhi, e con l’aria sbrigativa di chi non ha troppa voglia di spiegarti le cose (che poi per noi liguri è un po’ come essere a casa), domanda: “Light beer o dark beer?”.

Io non amo tanto la birra e gli dico “acqua”.

Seconda strabuzzata d’occhi del ragazzo che forse è a fine turno o forse è proprio fatto così.

“Eh, no!” mi dice “Vieni a Praga e non puoi non bere birra”. A ben vedere, il ragionamento non fa una piega. Lo guardo annuendo. Ha ragione. Che birra sia.



Ordino una light beer e devo ammettere che era ottima, persino per me che non ne bevo mai. Per pranzo decido di scegliere un piatto tipico ceco. Mi piace sperimentare e così opto per una pietanza a sorpresa. Molto a sorpresa, devo ammettere. Mi arriva un piatto enorme con due simil-canederli ricchi di lamponi e con tutto intorno una crema soffice rosa. In pratica sembrava un dolce di Barbie. Mentre me lo serve, il ragazzo mi spiega che è un piatto tipico e che la mia scelta è stata buona.

Osservo meglio il menu, sia in inglese sia in ceco, e mi dico che forse ho sbagliato e ho ordinato un dessert, ma no, in realtà è tutto lì negli starter.

Siccome non voglio fare la solita italiana che si lamenta del cibo, gli dico che è gustosissimo. Alla fine, però, il piatto tipico lo termina Bruno, dopo aver spazzolato il suo goulasch.

Spinto dalla curiosità, il cameriere ci chiede di dove siamo. Genova, Italy. E all’improvviso si illumina e inizia a parlarci di calcio e di Sampdoria. E noi, che poco sappiamo di calcio e per di più tifiamo Genoa, fingiamo di condividere il suo entusiasmo.

 






Tappa successiva, il centro storico. Stare mesto. Il freddo è sempre più intenso, ma

lì si apre la magia. È come entrare in una dimensione parallela. Un mondo sospeso tra i mercatini di Natale, le luci e i colori della piazza, tipici dei paesi dell’est Europa. I palazzi storici, le torri e i campanili che svettano verso un cielo terso, d’un blu gelido che verso sera prende il colore della notte stellata e allora tutto sembra più vivido e intenso. L’atmosfera è davvero suggestiva.




Nonostante tutto.

Nonostante la folla sempre più numerosa che si accalca davanti all’orologio astronomico. Le persone sembrano ipnotizzate, immobili, come se qualche energia cosmica le attirasse a sé e le tenesse prigioniere tutte contemporaneamente lì. In massa a osservare con occhi fissi che accada qualcosa. Restiamo bloccati in quella calca compatta di turisti. Non si va né avanti né indietro e neanche di lato perché il barista del locale sotto i portici ai bordi della piazza, esasperato dall’andirivieni, perde la pazienza e decide di non far passare più nessuno. Assumendo una postura da cane da guardia, anzi da vichingo da guardia, e sbraitando come un barbaro blocca il passaggio a tutti, soprattutto a un gruppo di turisti spagnoli che cercava una via di fuga. Uno spintone dietro l’altro e la folla comincia a ondeggiare. Provo a dire a Bruno che forse è il caso di spostarsi perché passare dalle parole ai fatti è un attimo.



Ma niente, lui sembra ancor più inchiodato a osservare l’umanità varia che sta delirando. E del resto non c’erano molte altre possibilità di uscire da quel cul de sac. Già mi vedevo spiaccicata sul selciato della piazza dell’orologio astronomico, travolta da una folla inferocita. Ma come spesso accade le situazioni si sbloccano da sole. E noi, anziché trovarci schiacciati al suolo, proseguiamo il cammino ricordandoci di evitare accuratamente di passare in quel punto della piazza al ritorno e nei giorni a seguire.





Ora siamo alla ricerca della casa dove è nato Kafka, all’inizio del quartiere ebraico.

Il freddo e la birra giocano brutti scherzi. Urge trovare una toilet. Vabbè, entriamo in un bar, pensiamo, ma… sorpresa. Davanti ai locali c’è scritto no toilet. E questo è un problema. Ma decidiamo di mantenere la calma. Ci guardiamo intorno e vediamo una scritta gigante: WC. Evviva! pensiamo. Vedi come sono organizzati? Entriamo fiduciosi in un giardino per dirigerci alla meta. Ma subito ci sorprende e ci fa perdere ogni entusiasmo la coda chilometrica che si presenta davanti a noi. Tutto assume un’aria di urgenza se non di emergenza. Impossibile aspettare oltre. Iniziamo a vagare di corsa da un lato all’altro della piazza, sperando in una rapida, rapidissima soluzione, quando ci appare davanti un locale tutto italiano, con tanto di bandierine verdi, bianche e rosse. Bruno si fionda e chiede in italiano “Avete un bagno? Compro quello che volete ma vorrei un bagno.”

Niente. La signora, gentile, che non parla una parola di italiano, ci dice: “Sorry, no toilet . Out on the right.” e ci rimanda al punto di partenza. La situazione si complica. Maledetta birra, pensiamo. E maledetto freddo!

Insomma, in questo vagare alla ricerca di un WC perduto ci compare come una visione: l’insegna enorme che campeggia sulla facciata di un grande palazzo antico: Hard Rock Cafè Praga. Così, all’improvviso. Lo prendiamo come un segno.

Entriamo. Nessuno ci ferma o chiede qualcosa, non troviamo ostacoli, saliamo le scale fino al primo piano e magicamente ci compaiono davanti due porte della toilet, men e women. Schizziamo dentro come le biglie impazzite di un vecchio flipper. Da questo momento in poi l’Hard Rock Cafè diventa un punto di riferimento certo, la nostra stella polare per tutta la vacanza.

Grazie Hard Rock Cafè Praga. Ti ricorderemo sempre con affetto e gratitudine.



Una tappa da non perdere è il Museo Kafka situato dopo il Ponte Carlo nel quartiere di Mala Strana, ai piedi del castello reale dei signori di Boemia. Ci accoglie la scultura denominata Proudy (flusso) di un artista ceco, David Cerny che ha disseminato la città con le sue opere d’arte provocatorie e di forte impatto: in una vasca con la forma dei confini nazionali una scultura animata con due uomini che si muovono e... orinano sulla Cekia! Ma il bello è che orinano frasi di autori legati a Praga.


Il Museo Kafka è suggestivo e in alcune parti interattivo; offre una descrizione accurata della breve e intensa vita del grande scrittore boemo di lingua tedesca, dalla nascita ai rapporti col padre e con la sorella Ottla,  fino alle vicissitudini con le donne amate: Felice Bauer, Milena Jesenska e Dora Diamant.  Fa un certo effetto sapere che alla fine queste donne hanno terminato la loro vita nei campi di concentramento della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.



Una storia straniante quella di Kafka, un artista a cui stava stretto il suo tempo, a modo suo preveggente di una società che stava cambiando e della quale lui, più di altri, colse l’essenza. Curiosando nella sua vita, attraverso gli scritti, i disegni e le lettere alle sue compagne, si comprende meglio il senso dell’alienazione contemporanea, che sale come un urlo dalle sue opere. Davvero un precursore dei tempi, come solo certi geni sanno essere.

È sempre un privilegio muoversi con rispetto misto a curiosità tra gli oggetti e le carte appartenuti a un grande scrittore che ha fatto la storia. Un’immersione e un salto temporale negli anni Venti della vecchia Repubblica Cecoslovacca.  Per quanto a Praga il suo nome ricorra con frequenza nelle strade e non solo, ci è parso più un trofeo da esibire, con la sua testa gigante esposta nel quartiere di Novi Mesto, che un autore riconosciuto per la sua grandezza. Forse perché scriveva in tedesco? Sono sensazioni, impressioni magari superficiali colte qua e là.



Le giornate corrono veloci e ci imbattiamo nell’atmosfera del Ponte Carlo tra musica jazz e musica popolare suonata in abiti tipici.


L’isola di Kampa, che si trova nel fiume Moldova. Uno spazio grande immerso nel verde e anche qui troviamo altre sculture di David Cerny: “Bronze Babies”.  

 




Verso sera andiamo incontro alla casa danzante, completamente illuminata, chiamata Fred e Ginger perchè ricorda una coppia di ballerini.


Ci dividiamo tra Stare Mesto e Novi Mesto. Tra i negozietti turistici, pieni di souvenir in cristallo di Boemia, Babbi Natale intarsiati nel legno della scuola russa, bar che offrono assenzio, innumerevoli rivendite di marijuana legale e la catena di osterie intitolate al buon soldato Sc’vejk, gloria nazionale ceca, genuina e potente satira antimilitarista frutto della penna dello scrittore praghese Jaroslav Hašek: pub e ristoranti molto ben forniti sia per i piatti tradizionali sia per i piatti vegani.

Ma proviamo anche un ottimo ristorante palestinese, Mr Falafel, dove si trovano specialità tipiche arabe: falafel, hummus e altre specialità sufficienti a rimpinzare un esercito.

Partecipiamo a un suggestivo concerto di musica classica nella chiesa di San Salvatore, che fa parte del complesso del Clementinum.


Un trio di archi, una soprano e un organo che ci hanno deliziato con brani di di Vivaldi, Bach, Mozart, Beethoven e Smetana.



Ma la vera sorpresa della vacanza è stato scovare un locale caratteristico e storico di musica jazz, il Reduta Jazz club, un piccolo grande tesoro. Un locale sul confine tra Novi e Stare Mesto, vicino allo storico Cafè Louvre, frequentato anche da Kafka. Per scovarlo devi entrare in una specie di galleria e scendere le scale, per poi affacciarti in una piccola e raccolta sala con divanetti e poltroncine rivestite di velluto rosso. Alle pareti le fotografie dei più grandi artisti e politici nazionali e internazionali che lo hanno frequentato. Dal nostro Umberto Eco, a Brad Pitt, Tom Cruise, Sean Connery, Anthony Hopkins e da Vaclav Havel, Vaclav Klaus a Kofi Annan e dove è andato più volte a suonare il sassofono l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Ci regaliamo per il nostro anniversario un bel posto in prima fila e un ottimo concerto jazz per festeggiare.



Un Christmas concert, con trombettista, banjo, pianista, bassista e una cantante che ci hanno proposto i classici, da Billie Holiday a Louis Armstrong, e tanti celebri brani del jazz e del blues. Che serata! Buon anniversario a noi. Energie positive e un pubblico variegato, di ogni età.

 


Il giorno dopo ancora in cammino attraverso il Quartiere ebraico. Il giro della Sinagoghe. E una visita al vecchio cimitero di Praga. Entrare nei luoghi di culto, anche quando non si è credenti, o si professa una religione diversa, assume sempre un valore mistico e promuove un contagioso e suggestivo incontro con la storia. Qualcosa che ti leva il respiro e ti tiene sospeso ad ammirare quello che ti circonda, con il desiderio di conoscere di più, soprattutto quando certi luoghi richiamano tragedie immani dell’umanità.  Tragedie del passato, tragedie del presente che non possiamo fingere di ignorare.

 


Non poteva mancare la tappa in Piazza San Venceslao, dove lo studente Jan Palach si diede fuoco di fronte all’Università, il 16 gennaio 1969, come gesto estremo di protesta contro l’occupazione del suo paese da parte delle truppe sovietiche che, nell’agosto dell’anno precedente, avevano stroncato quella rivoluzione democratica del popolo cecoslovacco conosciuta come Primavera di Praga.

C’è un rilievo del terreno a forma di croce, senza nome, un dislivello dove le persone inciampano e dove a ogni passaggio si è costretti a ricordare.

 

 

Il mio primo Natale trascorso in un hotel è più che positivo. Alla colazione ci accolgono con un sacchettino di cioccolatini e un ottimo buffet che spazia dal dolce al salato e il sottofondo di It’s beginning to look a lot like Christmas di un classico Perry Como.

Per il pranzo di Natale decidiamo di andare da Golem, nel quartiere ebraico. Dove ci deliziamo con hummus, falafel e l’immancabile goulasch che, questa volta, ordino anche io.


Il Natale è presente e vivo in tutta la città e nei mercatini, tuttavia, si percepisce un grande senso leggerezza, non sei costretto a festeggiare a tutti i costi se non ti va.




La vacanza volge al termine, abbiamo visto molto e molte cose ancora ci mancano da vedere, ma l’atmosfera è quella che conta, l’atmosfera del Nord (o meglio dell’Est), del freddo, del cielo stellato, delle luci. L’atmosfera che ci ha regalato un sogno, dettagli per strada, pietre d’inciampo, librerie interessanti, la Shakespeare library e le vetrine della Knihkupectvi a antikavariat Spalena, proprio vicino al nostro hotel, che abbiamo rimandato di visitare e che alla fine, il pomeriggio della Vigilia, abbiamo trovato chiusa. Resta lì, come un desiderio, come un arrivederci a una prossima volta. O forse neanche quello. Non è necessaria una prossima volta per cogliere la bellezza di un luogo pieno di libri nuovi e usati dove le storie trovano casa. 

Non ci mancheranno neanche un po’ le code di gente, troppa gente, nei luoghi più turistici.

 


Ciao Praga e ciao Freud, (altra scultura di David Cerny), che vegli dall’alto nella Husova dello Stare Mesto, alla faccia nostra, appeso con la mano destra a una trave, mentre tieni la mano sinistra infilata nella tasca dei pantaloni.

 






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