(Piccole occasioni di gioia quotidiana)
di Elena Nieddu
La prima sensazione è terra e fuoco, data dall’acciaio del rubinetto. La seconda, ancora terra: la morbidezza della torsione del polso. Seguono acqua e aria: il canto scintillante del liquido che incontra la caldaia della caffettiera, dai suoni più gravi a quelli acuti della pienezza. Torna la terra; è il caffè schiacciato nel filtro, poi il polso che pressa ben bene la polvere scura, con sforzo leggero. Il fuoco vero e proprio si libera, adesso, sull’unghia dell’accendigas, e si esprime in allegre fiammelle azzurre, incontrando l’aria del gas. Ora è il tempo a innescare la trasformazione: è fuoco, aria, terra e acqua, ma lo vedi disegnato sulle piastrelle grigie, nelle onde di ombra del calore. L’aria, adesso profumata di Paesi lontani, di mani piegate nell’atto di raccogliere, riempie un vuoto più mentale che fisico. Finalmente, l’acqua tinta di terra e fuoco sgorga nella tazzina in un piccolo fiume scuro, e in breve svanisce, non è più sé stessa, nel momento stesso in cui la incontri.
Se mi è venuta in mente la bizzarra idea di scomporre nei quattro elementi uno dei gesti più quotidiani, cioè preparare il caffè con la mia solita moka verde prato, è perché ho avuto la fortuna di leggere “Ogni giorno è un buon giorno. Quindici gioie che il tè mi ha regalato”, romanzo della scrittrice giapponese Morishita Noriko (Einaudi). Il piccolo libro in questione racconta la cerimonia del tè, non tanto illustrandone i passaggi e i numerosi e affascinanti attrezzi impiegati, ma descrivendo il potere fenomenale del rito, ideato dai monaci buddhisti secoli or sono: ovvero, quello di rendere la mente, attraverso il corpo, più attenta ai singoli momenti della nostra vita. Ripetendo e ripetendo mille volte gli stessi gesti, imparando a capire l’importanza delle insidiose varianti, osservando ciò che la circonda con uno sguardo profondo, la protagonista – e autrice - del romanzo impara, piano piano, a vivere in un modo diverso, più pieno, e a capire quanto gli automatismi e la distrazione di tutti i giorni siano la condanna a restare in un mondo fatto solo di apparenze.
Una volta chiuso il libro, ho sentito il bisogno di mettere in pratica quanto avevo letto. E’ nata, così, la cerimonia del caffè. Tento di celebrarla ogni mattina, anche se è assai lontana dalla forma ideale sopra descritta, spesso interrotta in uno dei suoi fondamentali passaggi dall’appetito di un felino rosso particolarmente vivace. Ma, con un po’ di approssimazione, posso dire senza ombra di dubbio di aver compreso un piccolo principio: ogni giorno, iniziato in questo modo è, di per sé, un buon giorno. Non mi ero mai resa conto, infatti, di quanta sapienza e antichità siano racchiuse in una semplice sequenza di gesti, della quale il sapore, evanescente, come tutte le cose, è soltanto un passaggio. Quando riesco a porre attenzione al processo, e a me (e al mio gatto) all’interno di esso, è come se sentissi il vero sapore del caffè, ringraziando, prima di dissolvere nelle onde morbide la terra dello zucchero, quanti mi hanno permesso di goderne.
Elena Nieddu
Nata a Genova nel 1974, laureata in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Torino, ha conseguito il praticantato giornalistico all’Ifg “Carlo De Martino” di Milano. Nel 2019 è uscito il suo primo libro, “Senza pelle”, edito da Ensemble. Suoi racconti sono stati pubblicati da “Nuovi argomenti”, “La città”, “Letterate Magazine”. Per il quotidiano “Il Secolo XIX” si occupa di cultura, spettacoli e società.
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