di Miriam Sassani
Amore mio,
sarebbe bello se la vita fosse semplice come le istruzioni per preparare una torta. Lista degli ingredienti, dosi, preparazione, tempi di cottura. Ma le cose sono un po’ più complicate.
Allora ho deciso di scriverti a mano, e per una volta niente messaggi, niente telefonate, niente mail, solo una lettera spedita che arriverà dopo giorni, forse settimane, forse mai, per ritrovare insieme il gusto dell’attesa, per mettere da parte la frenesia che caratterizza questi tempi, per dare, senza impazienza, il giusto valore alle parole sulla carta, che si possono conservare in un cassetto insieme alle penne ormai in disuso e che si possono rileggere quando si vuole.
Mentre scrivo seduta allo scrittoio, al di là del vetro mi guarda un cielo imbruttito da nuvole basse e grigie come la pelliccia di un ratto. Il sole è soltanto un’ipotesi e l’estate un ricordo, mentre le finestre chiuse impediscono l’ascolto del rumore dei motorini molesti: in strada non c’è nessuno, sono tutti rinchiusi nella nebbia delle loro case.
La nostra è una storia d’amore che supera la pioggia, l’afa, supera il vento che ci spettina e che ci innervosisce, una storia estrema e totale, che spesso costa una grande fatica. Ti scrivo prima di rimanere prigioniera in questa casa di cristallo, prima che le piccole dimenticanze diventino ricordi persi per sempre, prima di diventare come un fantasma che di notte vaga nei villaggi abbandonati e mi spaventa la possibilità che un giorno non saprò più chi sei e non ricorderò più il tuo nome ed il tuo viso, e forse nemmeno il mio.
In questa lettera ci sono le parole che non ti ho detto, gli abbracci che non ti ho dato, i baci mancati, le risate perdute. Ora è difficile il dialogo tra noi, poche frasi, sempre le stesse, la tua pazienza che vacilla alla mia decima domanda identica alle nove precedenti. Il nostro vestito comune, il nostro stesso sangue, è una trama fatta di sentimenti sempre meno fitta, che lascia intravedere la luce ogni giorno di più.
Lo so, spesso sono stata un fiume difficile da guadare e poche volte ponte: le buone madri non sono quelle che non sbagliano mai ma quelle che non si arrendono. E qualche volta io mi sono arresa. Ma oltre che nella pancia, i figli devi sentirli nel cuore, devono farti sorridere, farti intenerire, devono farti arrabbiare, devono amarti per poi distruggerti per poi amarti ancora.
Non abbiamo scelta, ho il tuo passato, non avrò il tuo futuro, dovrò lasciarti andare come acqua di torrente: ma io ci sarò, nelle tue risate, negli insulti urlati, nelle tenerezze sussurrate, io ci sarò. Se i miei ricordi svaniscono, ci saranno i tuoi a sostituirli, e non ci sarà valle abbastanza profonda, non ci sarà montagna abbastanza alta a separarmi da te.
Ricordi quando ti chiesi “ Cosa vuoi fare da grande? No, non voglio sapere se farai il medico o l’avvocato o la commessa. Voglio sapere cosa vorrai essere, come ti immagini, quali sogni avrai, che persona sarai. E soprattutto, voglio sapere se ti impegnerai ad essere felice.”
Troppo difficile la risposta, mi guardasti un po’ stupita, ritenendo forse la mia domanda assurda e tutto sommato idiota.
Io da tempo ormai non mi guardo più allo specchio, con la scusa che vedo poco: in realtà non mi riconosco più, non riconosco più il mio viso, coperto com’è dal velo del tempo. Non mi guardo e non mi guarda più nessuno, sono diventata trasparente come un vetro, nessuno mi ascolta e soprattutto nessuno mi parla, come se la vecchiaia fosse una malattia contagiosa.
Tu sei bella, profumata come un pane appena sfornato, terribile come un fiume che esonda, viva come il mercato la domenica o come le spiagge in agosto. Guarda avanti e pensa al passato con tenerezza, ma vivi il tuo tempo, scaldati al sole e respira forte l’aria, lavati con l’acqua del mare che porta via lo sporco e i cattivi pensieri, sdraiati sulle foglie e guarda il cielo e gli alberi e gli uccelli.
Qualche volta pensami, annusa con la memoria il mio profumo alla vaniglia che hai sempre detestato, ricorda i miei vestiti fuori moda, i miei tacchi bassi, i miei capelli che alla fine ho lasciato bianchi in segno di resa e sforzati di immaginare il bene assoluto, quello che ho sempre provato per te, forte e struggente, tenace come una pianta che cresce aggrappata ad una roccia.
Ogni tanto, prepara una torta di mele, è un dolce semplice, che sa di casa, di tavola apparecchiata e di amore.
Buon vento, figlia, e vola alto.
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