di Clara Negro
La faccia schiacciata contro il cuscino. Si direbbe che tu stia dormendo. Le gambe leggermente aperte, le braccia lunghe e magre abbandonate ai lati del corpo, molli di sonno e di sfinimento. Sì, potresti dormire.
Ti guardo mentre dalla poltrona ai piedi del letto aspetto da un momento all'altro di vedere la schiena che si muove al ritmo del respiro. Sono due ore che aspetto, due ore che mi dico, ecco ora si alza, tira giù le gambe, si mette a sedere sul letto e si accende una sigaretta. Lo so che lo fai, lo fai sempre dopo. E poi te ne stai zitto, mi volti le spalle, i gomiti appoggiati alle ginocchia il viso tra le mani, la cenere della sigaretta che cade sul tappeto tra i piedi divaricati.
Vedrai che bella festa facciamo, così hai detto ieri al telefono, una cenetta e poi su in camera a stravolgerci di sesso. Ti eri nascosto in dispensa per chiamare, sentivo le voci dei tuoi figli, i gorgheggi del tuo ultimo nipote, una femminuccia finalmente, mi hai detto un giorno. È lì che ho capito che questo sarebbe stato l’ultimo Natale, che avevi già deciso di rientrare definitivamente a casa e di mollarmi.
La nostra vigilia è sempre stata il 23, vigilia e festa, due al prezzo di uno. È l’ultimo anno dicevi che passiamo così, da clandestini, il prossimo saremo alle Seychelles noi due soli, le amache tese tra le palme, un cocktail colorato in mano, gli occhiali da sole. E invece no, invece anche questa volta una camera d’albergo, la pioggia che batte sui vetri e tu che cerchi di indorarmi la pillola. Ormai sono vecchio per te, non vorrai mica farmi da badante, lascia che lo faccia quella sfigata di mia moglie che ce ne ha sempre avuti di vecchi da accudire. La sfigata.
E ora sei lì, il nastro dorato attorno al collo, girato e rigirato. Fortuna che era bello lungo. Facciamo un gioco, ti ho detto. Facciamo che tu sei un regalo di Natale e io ti impacchetto. Ridevi. Sono contento che tu l’abbia presa bene. Lo so che sei una ragazza intelligente, e capisci come va il mondo, dicevi. Sei giovane tu, bella e piena di forze e di energie.
Ti stavo a cavalcioni io e tu credevi che ne volessi ancora. Non ti basta mai, hai detto come uno che la sa lunga sulle donne. E hai cominciato ad agitarti sotto di me. Quante ne hai prese di pillole stasera? Ti ho chiesto. Eh, voglio fare bella figura, lasciarti un buon ricordo. Ridevi. Hai chiuso gli occhi e io ho cominciato a tirare. Era un bel nastro, robusto, di quelli che usano nei negozi del centro per legare i pacchetti di valore. I regali lavano la coscienza, e se costano cari poi la rendono immacolata. Tira, tira che mi piace, hai detto. Ho sentito che stavi per godere e allora ho cominciato a stringere sul serio, ho stretto, stretto, ancora e ancora, fino a che non hai spalancato gli occhi, le pupille dilatate, le mani che annaspavano, tra i denti è apparsa la lingua rossa e gonfia. Mi guardavi senza capire mentre la saliva ti colava agli angoli della bocca. Sei disgustoso, ti ho detto, e non scopi neppure bene, non mi hai mai fatto godere, mai. Ho sempre e solo finto.
So che mi hai sentito, sono forse le ultime parole che hai sentito. Hai sussultato, una, due volte, gli occhi a palla, sgranati, increduli, chissà se era perché capivi di morire o se per gli orgasmi che eri convinto di avermi dato.
Non ti alzerai più, è inutile aspettare. E poi è ora, le ragazze mi staranno già aspettando al pub. Mentre mi vesto guardo la mia mano dove brilla un diamante grosso come una nocciola.
Non sei mai stato tirchio. Contaballe e vigliacco sì, ma non tirchio.
Mi chino a cercare una scarpa, allungo un braccio sotto il letto, mi siedo sul bordo per infilarla e tu rotoli verso di me e una mano grassoccia mi sfiora il sedere.
Inutile che insisti, ti dico, basta così. Sorrido e ti accarezzo la schiena pallida, punteggiata di efelidi. Non eri neanche bello, dico coprendoti con il lenzuolo.
Fuori il tramonto tinge di viola le facciate dei palazzi e il vento fa oscillare le luminarie giù nella strada che va riempiendosi di gente per le ultime compere di Natale.
Dovranno aspettare ancora due giorni loro, io il mio pacchetto l’ho già scartato e tu hai avuto la tua sorpresa. Va bene così, buone feste a tutti allora.
Clara Negro è nata a Genova nel 1952. Laureata in lingue moderne, è stata insegnante per anni, coltivando nel frattempo un grande amore per la scrittura. Inseguendo la sua passione, ha cominciato a scrivere alcuni articoli per la Fabbri Editori. Attratta dalla narrativa, escono alcuni suoi racconti in diverse raccolte antologiche per Zona Franca, Del Bucchia Editore e Tra le Righe Libri.
Nel 2016 esce per HarperCollins Italia il suo primo romanzo in due volumi La storia dei miei giorni e Tracce di me in ebook, entrambi riproposti nel 2018 in versione cartacea dalla stessa HaperCollins per la collana eLit. Nell’agosto 2019 è uscito in ebook, sempre per HarperCollins, il terzo romanzo Come una farfalla in volo.
Comments