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  • Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

COSE CHE SO, COSE CHE VEDO


Trinity college - Dublino


di Stefano Tettamanti & Patrizia Traverso


Per anni ho saputo di non sapere. Più o meno dalla prima liceo, quando qualche insegnante di filosofia, spiegando Socrate (finalmente, dopo un mesetto buono di presocratici, si cominciava a capirci qualcosa), a «conosci te stesso» faceva seguire l’altro pilastro del suo insegnamento, quello che vuole l’uomo saggio consapevole dei limiti della propria sapienza, «tutto quello che so è di non sapere». Fino a poco tempo fa, quando, scendendo dal treno alla stazione centrale di Milano, un uomo saggio come e forse più di Socrate, guardandomi con gli occhi sbalorditi dopo un’ora e cinquanta (nessun ritardo quel giorno) di ininterrotte chiacchiere enciclopediche, mi ha detto: «Ma ti rendi conto di quante cose non sappiamo di sapere?»


Dalla prima liceo è passato un mezzo secolo abbondante. Così, se per tutto questo tempo ho saputo di non sapere, da qualche settimana so anche che non so di sapere. Siccome, come è noto, di ciò di cui non si può parlare è bene tacere, ho pensato di scrivere di alcune cose che so. Prima di dimenticarmele tutte.



 

2.


Una cosa che so è che le storie mi hanno stufato. Loro e tutto l’apparato di contorno che si portano dietro di storielle, storiacce e storiette, cantastorie e contastorie e, ossignùr, narrazioni e storytelling. Solo per le storione continuo a provare tenerezza, in particolare per la varietà beluga, e per le loro uova divine.

Delle storie mi ha stufato l’invadenza, la prepotenza, la pedanteria, il conformismo, la tendenza al moralismo, all’esibizionismo, la fastidiosa presunzione di autosufficienza, la convinzione che quando ci siano loro, tutto si regga e tutto diventi possibile, quell’arietta da so-tutto-mì che mettono su ogni volta che le guardi (le storie maestrine di vita).

E poi mi ha stufato la presupponenza di quei neoguru, quasi sempre digitali, che hanno scoperto come attraverso le storie si possa fare di tutto, pensa un po’ tu, perfino vendere i prodotti, dai maccheroni alle polizze sulla vita. Ora, amico mio guru quasi sempre digitale, o profeta della narrazione e dello storytelling, non si pretende che tu abbia letto la Poetica di Aristotele (per quanto accrescerebbe il tasso della tua guruità, dammi retta) ma almeno l’analogico Carosello potevi vedertelo, no?


E soprattutto mi hanno stufato le storie nei libri, non parliamo nei libri di narrativa, nei romanzi. Il fatto è che le storie sono noiosissime (non è un caso che le mamme da millenni le usino per far addormentare i figlioli più vivaci), sono tutte uguali (da quando Dio ha scritto la Bibbia, Omero l’Odissea e David Lynch Twin Peaks, non è che ci siano state tante altre novità significative) e come le leggi te le dimentichi perché tanto è lo stesso (per dire: chi è il fanatico in grado di ricordarsi la trama del Falcone maltese? Avrò letto il romanzo di Dashiell Hammett almeno una mezza dozzina di volte e altrettante avrò visto il film di John Huston, ma della trama non ho mai capito una beata mazza. Eppure è facile dimostrare che si tratta di uno dei massimi capolavori del Novecento).


Insomma sono favorevole all’abolizione per decreto delle storie, alla valorizzazione dei romanzi dove non ci sia ombra di storia, dove non succeda mai niente o se proprio qualcosa deve succedere, che non abbia niente a che vedere con quello che è successo prima e quello che succederà dopo. Sono per la rivincita dei libri senza capo né coda, scombinati, storti, zoppi, gobbi, inutili. Brutti, sporchi e cattivi. Che non insegnino niente di niente. In cui la potenza rivoluzionaria delle parole non sia ridotta in servitù dalla necessità appiccicosa di allinearsi nelle solite storie.



Foto di Patrizia Traverso (tranne dove altrimenti accreditate). Non è consentita la riproduzione.


 


©Gianni Ansaldi

Genovese di madre anglo-bolognese e padre svizzero-comasco, Stefano Tettamanti ha fatto il commesso di libreria, poi il libraio, il direttore commerciale, editoriale, generale e il consulente di diverse case editrici. Da oltre trent’anni è agente letterario e socio fondatore di Grandi&Associati, una delle prime agenzie letterarie italiane ed europee. Ha pubblicato, firmandoli con il suo nome, una dozzina di titoli (fra questi Il calendario goloso, Garzanti; A capotavola, Mondadori; Il cibo non era niente di speciale, Utet, tutti con Laura Grandi) e almeno altrettanti come curatore (Racconti gastronomici, Einaudi; Hai voluto la bicicletta, Sellerio; L’originale miscellanea di Schott, Sonzogno, sempre con Laura Grandi), come ghost writer (di arbitri di calcio, chirurghe estetiche, chef stellati, registi cinematografici, imprenditori, sindacalisti…) e, sotto pseudonimi che non rivelerà mai, romanzi rosa di impressionante (per i suoi parametri) successo. Ha tradotto dall’inglese alcuni classici (Stevenson, Kipling, Chesterton…), alcuni contemporanei di alta qualità letteraria (Raymond Federman, Athol Fugard, William Wall…), alcuni altri di alta qualità commerciale (Michael Connelly, George Pelecanos, Andy McNab…) e un’infinità di autori e autrici di nessuna qualità. Ripete spesso che più di quelli scritti, promossi, curati e tradotti è orgoglioso dei libri che ha letto.


Patrizia Traverso, genovese, ha al suo attivo diversi volumi nei quali l’aspetto determinante è l’assemblaggio dei suoi scatti fotografici con testi letterari di poeti e scrittori, nel tentativo di sollecitare una riflessione, talvolta spiazzante, tra pensiero e immagine, parola e fotografia. Per questo le piace definirsi Fotonarratrice.

Tra i suoi titoli più recenti: Nel cuore di Genova. Viaggio nella città di Bacci Pagano, il Canneto, con Bruno Morchio e Gianni Ansaldi; Genova che scende e che sale. Itinerario zen tra ascensori, funicolari e crêuze, il Canneto, con Giampiero Orselli; Genova ch'è tutto dire. Immagini per "Litania" di Giorgio Caproni, il Canneto, con Luigi Surdich; La parola ai gatti, Lo sguardo e il gusto, Preferisco leggere, Tea; Camogli, companion guide e Golfo dei Poeti, companion guide, Sagep.

Le sue immagini sono pubblicate su quotidiani, riviste e libri (tra questi Archeologia industriale e architettura contemporanea nel porto di Genova, Ville in riviera tra ecclettismo e razionalismo, Grandi alberghi e ville della bella epoque nel golfo del Tigullio, Sagep).

Ha esposto in gallerie e musei in Italia e all'estero.


Insieme, Tettamanti & Traverso hanno firmato rubriche fotoletterarie su quotidiani e periodici di carta e online, pubblicato un paio di libri (Genova è mia moglie. La città di Fabrizio De André, Rizzoli; Andar per statue, a Genova e in Liguria in 85 tappe, il Canneto), viaggiato in tre quarti di mondo, condiviso una dozzina di case e quasi altrettanti traslochi durante più di quarant’anni di divertentissimo matrimonio.


Nota. Alcuni di questi testi sono stati pubblicati nel blog letterario di Chicca Gagliardo Ho un libro in testa, altri sono stati raccolti nel libretto Cose che so. Libri, pesci combattenti, scaloppine al limone, ancora libri e poco altro, L’amico ritrovato. La maggior parte sono inediti.


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