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Nel 2012 si è svolta a Genova la prima edizione di Quarto Pianeta. Uno spazio di bellezza e memoria.

  • Immagine del redattore: Arianna Destito
    Arianna Destito
  • 1 set 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 29 mar 2020





Incontri, dibattiti, spettacoli a cura del Coordinamento per Quarto nato per salvaguardare uno spazio importante e dal grande valore storico e umano: l'ex ospedale psichiatrico. Tra gli interventi di molti scrittori, giornalisti e cittadini impegnati nel sociale, ecco quello dell'artista Cesare Viel che ho intervistato.

Quarto si vende. Quarto non si vende. Quarto non si sa. Intorno al balletto dei dubbi sulla vicenda Quarto ci sono tante storie. Tanta umanità, ognuna particolare e unica.

Ognuna da raccontare, nel modo migliore che si ritiene fare. Nel modo possibile che si ritiene fare per esprimere emozioni e idee. Claudio Costa, artista che ha costituito il Museo Attivo delle forme inconsapevoli negli spazi dell’ex Ospedale psichiatrico nel 1992 lo faceva con l’arte. E aveva coinvolto da subito artisti (Caminati, Mesciulam, Luzzati) negli atelier di arte terapia di Quarto. Artisti e pazienti insieme. Artisti che senza snobismi spiegavano e lavoravano insieme agli utenti. Le opere donate erano esposte insieme a quelle dei pazienti. Questo succedeva non molto tempo fa. E non senza polemiche. Ma Costa ci credeva nel suo Museo, come luogo di feconda invenzione, attivo perché aperto a incontri con tutti, e soprattutto a chi aveva una percezione sensibile alla vita. Il suo lavoro era un work in regress, un tentativo di decifrazione dell’origine dell’uomo. Ma su Quarto sembra abbiano inteso un altro tipo di work in regress.

Ne parliamo con Cesare Viel, artista.

Il museo attivo delle forme inconsapevoli voluto da Claudio Costa sembra una delle tante cose dimenticate a Quarto e in città. Ci racconti un ricordo di Costa?

Ho conosciuto Claudio Costa alla fine degli anni Ottanta a Quarto, grazie alla mediazione del critico e collezionista Enrico Pedrini. Insieme con altri artisti (tra cui Luca Vitone) abbiamo fatto una mostra in quegli spazi davvero straordinari per impatto architettonico e, soprattutto, umano. Per me fu una grande lezione di arte, politica e cultura. Si respirava ancora l'aria della riforma Basaglia, e tutta la complessità di quella situazione sociale e psichiatrica.

Mi ricordo lo sguardo, l'intensità e l'entusiasmo che Costa ti comunicava, era capace di grande rispetto e amicizia nei confronti dei giovani artisti. Mi ricordo le conversazioni con lui sul senso della forza creativa, sul pensiero di Jung, James Hilmann, Elémire Zolla e Freud. Per lui la pratica e la ricerca artistica erano sempre profondamente connesse alla potenza del pensiero.

L'arte ci salverà? E salverà Quarto?

L'arte ha un grande potere di salvezza "terapeutica". E' una continua elaborazione dei vissuti e dei pensieri profondi. Non so se salverà il mondo (e Quarto), lo spero, perché poi tutto dipende dagli esseri umani e dalla capacità e disponibilità a mettersi in gioco, e a non avere paura della verità. Qualità molto difficili da portare avanti senza troppi compromessi. La libertà ha sempre un prezzo molto alto.

Claudio Costa diceva che l'artista è un essere, una persona che vive per l'immortalità. Entra nell'immortalità con la sua opera e in qualche modo rinasce. Quarto in fondo è un'opera d'arte. Da artista come lo renderesti immortale nella rinascita?

Terrei Quarto il più possibile così com'è: un luogo di lavoro in cui continuino a operare al meglio tutti quei servizi sociosanitari che vi sono coinvolti e, nello stesso tempo, trasformarlo in un monumento all'Umanità. Dovrebbe diventare Patrimonio dell'Unesco.

Salvare la memoria salvando gli spazi così come sono. Tutto il resto risiede nella nostra sensibilità e responsabilità civili.

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