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Lilla, la ragazza di 102 anni che ha sconfitto il virus: una testimonianza di chi l'ha conosciuta


Italica Grondona foto CNN


di Arianna Destito


Ci sono donne che sembrano eterne ragazze. Non importa quanti anni abbiano, è irrilevante, quasi un dettaglio perché hanno dentro una luce e una grinta che spunta dallo sguardo vivace e dal modo di essere e di vivere. Lei è una così. Una eterna ragazza di 102 anni. Italica, per tutti Lilla. Frangetta bianca su capelli a caschetto, una delle poche persone a stare bene con quel taglio. Quando qualcuno glielo fa notare ricorda quella volta, quando li portava biondi, che un bambino vedendola dalla finestra disse alla madre. “Guarda è venuta a vivere qui Raffaella Carrà” ogni volta che lo racconta esplode in una risata che le illumina il viso.


Lilla si aggiusta sempre i capelli, se li pettina con cura anche quando aspetta i militi della croce che la vengono a prendere prima di andare in ospedale.

Si avvolge al collo la sciarpa color crema e indossa la borsa di tela color pervinca con su scritto “I am a happy person”.

La vedi subito che è una tosta. Non sa fingere nemmeno un po’. E neanche vuole farlo. A volte capisci se è arrabbiata solo a vederla. Ti fissa con lo sguardo obliquo che sembra che ti fulmini.

“Lilla cosa succede?”

“Non dirmi niente.”

E inizia una sequela di rivendicazioni, a volte legittime.

E finchè borbotta e mugugna pensi che allora sì, sta proprio bene.


Lilla è una donna fuori dal comune. È nata nel 1917 durante la Prima guerra mondiale. È sopravvissuta all’influenza spagnola da piccola, perché era stata trasferita a Voltri, lontano dal centro della città, perché a quei tempi forse era più sicuro. Ha vissuto in pieno la Seconda guerra mondiale e qui i suoi racconti sono talmente vivi che ti sembra di esserci nel treno dove viaggia con le taniche di olio del mercato nero o sui camion dove sale facendo l’autostop o mentre è in fuga nella riviera ligure di ponente e rischia la vita buttandosi in un dirupo, scalza, escoriandosi i piedi, per evitare le pallottole dei soldati di un posto di blocco. Perché in tempo di guerra devi un po’ lasciarti andare alla fortuna e fidarti anche di chi incontri ma anche stare in campana per poter fuggire a gambe levate.


Una vita avventurosa, un marito dal quale si separa presto. Un figlio bellissimo che lascia l’Italia per tentare la fortuna in America come attore. Riuscirà a imporsi come modello e a vivere a New York. Ma muore troppo presto. E questo è un grande dolore che l’accompagna sempre ma che riesce ad affrontare con una forza che ti sembra impossibile che esca da quel corpo minuto ma granitico. Eccola che ti mostra i ritratti in bianco e nero del figlio e ne è orgogliosa.


Al muro è appesa una foto che lo ritrae insieme a una modella dagli abiti esotici che tiene le braccia incrociate per coprire il seno. Una fotografia che sembra quasi una danza. Lilla racconta che il giorno della benedizione delle camere un giovane chierichetto fissava di continuo quell’immagine. “Puoi guardare finché vuoi, ma tanto la modella le braccia non le tira giù, eh” gli dice, facendo avvampare le guance del giovane.


Ecco questa è l’eterna ragazza dalla battuta sempre pronta che ti viene incontro per mostrarti la rivista che parla di Freddie Mercury, il suo mito musicale. “Quando ho visto Freddie Mercury per la prima volta mi trovavo al Palazzo del Principe e a gestire il bar dove lavoravo c’erano gli americani. Mi è piaciuto da subito.” Te ne parla con gli occhi che brillano come fosse un suo parente o un amico. “A casa ho il suo poster in cucina. Cosa darei per vedere Bohemian Rhapsody, il film sulla sua vita!”

Ma non le mancano altre passioni e tira fuori la foto di Valentino Rossi, l’altro suo grande mito. “Domenica mi guardo il motomondiale” dice quando la saluti e la auguri buon weekend.


Confesso che adoro ascoltare Lilla e la storia della sua vita. Ogni volta le prometto: “Devo scrivere un romanzo su di te” e lei, quando mi vede arrivare per il trattamento di fisioterapia, mi fa cenno con la mano e mi dice “Vieni che ti racconto di quella volta che mi sono messa a ballare in un locale a Portorico: il luogo più bello che ho visitato. Mi è rimasto nel cuore, la gente, i colori, il paese”. Chiude gli occhi come se lo vedesse.

Ecco, Lilla ha il dono di ribaltare le situazioni senza rendersene conto. È come se sfidasse il mondo semplicemente senza saperlo. Senza paura. Come se affrontasse la vita con una certa distrazione e le cose le capitassero senza cercarle. Un modo tutto suo di affrontare e metabolizzare la realtà.

Come se fosse un Budda che sa esattamente come reagire al momento giusto. Lo fa e basta. D’istinto. Senza pensarci troppo. Lo fa il suo corpo.


Forse per questo, come dice suo nipote, intervistato anche dalla CNN, il coronavirus si è arreso di fronte a lei.



di Stefano Tettamanti


"Ma lo sai quanti anni ha quella vecchina lì?”

Ogni volta che la signora Lilla ci sgambettava davanti nel suo girello – “Ciao Adele, sei contenta che il tuo figliolo è venuto a trovarti?”, “Ciao Lilla, sì grazie” – mia madre mi faceva la stessa domanda.

“No, mamma, quanti?”

“Centodue”.

In effetti i passetti frenetici, il sorriso fresco, la voce da liceale, non sembravano di una centenaria. E ogni volta, fingendo di stupirmi, mi stupivo davvero un po’.

“Però è un po’ svampita”.

“Lei”.

“Sì, lei, maleducato”.


Mia madre è morta nell’istituto il 1° luglio 2019, a quasi novantacinque anni. La signora Lilla è stata la prima a farmi le condoglianze. Oggi, 28 marzo 2020, la signora Lilla potrà fare ritorno nella sua stanza, la stessa che per qualche settimana ha condiviso con mia madre.

La signora Lilla è stata fra le prime a essere trasportata al San Martino, dove per quindici giorni è stata in terapia intensiva. Oggi, perfettamente guarita, potrà tornare a sgambettare nei corridoi della struttura. Quando scenderà dall’ambulanza, Laura, Barbara, Arianna e tutto il personale l’accoglieranno con un applauso che non finirà più. Lei sorriderà e saluterà come una regina.

Ma sembrava un po’ svampita, mamma.

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