Qui Marino Magliani su "Liscio come l'olio" di Guido Novaro.
Antefatto
Guido Novaro
Ho letto e riletto più volte il tuo bellissimo pezzo di critica a
[1000 e una notte editore] e mi sono domandato se la persona che lo ha scritto sono stato veramente io che mi definisco “scribacchino per caso” e non per falsa modestia.
Quel libro, o meglio “il quadro” iniziale, per seguire la tua analisi, così come le sezioni più intime relative alla relazione con mio padre, sono state scritte di getto, in un mese, ad agosto, nella casa avita sul Capo Berta ed in spiaggia ai Bagni Oneglio di Porto Maurizio, dove andavamo con mia moglie Monique e mio figlio Tommy, e mentre loro facevano quello che tutti fanno in spiaggia, io scrivevo sul mio portatile battendo furiosamente sui tasti. Ancora oggi mia moglie mi rimprovera per essermi “assentato” dalla famiglia per tutto quel mese.
Marino Magliani
Guido Novaro, per tornare a questo libro, che assomiglia sempre più a un gioco di matrioske, di contenitori di altri contenitori, noterei che ti sei ben guardato dal farlo iniziare con la matrioska madre, e cioè il marchio, i Sasso, insomma come nasce, come si afferma, chi la componeva, ma hai iniziato individuando un io narrante, quasi obbedissi a quel desiderio forse nascosto di non scrivere, si è detto, un saggio o un reportage, ma un vero e proprio romanzo, con una voce, dei codici, magari per poi stravolgere il tutto, ma intanto per mettere le cose in campo: ad esempio quel cenno che lascia immaginare un romanzo di formazione.
Il titolo di questo primo blocco, << La casa in cima al capo>> è molto bello, e lo è in particolare per quelli come me, per cui quel capo, un tempo - ma io non lo ricordo - chiamato Capo Verde, e ora Capo Berta, è il simbolo di una Liguria lontanissima e piena di mare negli occhi.
Guido Novaro
Non ricordo come ne perché iniziai a scrivere appena giunto a Capo Berta, ricordo però che uno dei titolini, quello, lo trovai lì, sul Capo, davanti al mare. E ricordo chiaramente che quel periodo della mia vita era caratterizzato dal dolore e da un profondo disagio che mi portavo addosso come uno zaino affardellato che pesava immensamente sulle mie spalle rendendo difficile l’incedere lungo I tortuosi viottoli di campagna che è la vita di ogni uno di noi. Quel dolore, quel disagio, nascevano dal non essere riuscito per tutta la mia vita sin li, ad inquadrare la figura di mio padre che era mancato due anni prima e la nostra relazione che definire difficile sarebbe un eufemismo.
Nella scrittura cercavo, mi pare, di dare un ordine agli eventi fissando i ricordi, trasferendo dalla mia anima alle pagine di word, le emozioni, ( come sarebbe più bello scrivere “ ...ai fogli”), cercando al tempo stesso spiegazioni, conferme, malintesi... Comunque sia ne scrissi circa una sessantina di pagine, proprio di quelle che molto carinamente definisci “talmente belle e importanti”. Un ricordo molto vivo ho di quei momenti ed è rappresentato dal fatto che sovente dovevo sospendere la scrittura a causa delle lacrime che quello scavo generava ed ancora adesso mi risulta complicato rileggere certe pagine senza sentire il tipico calore e la successiva “pressione” delle stesse che si presentano alla finestra dell’anima, i miei occhi.
Marino Magliani
Il secondo blocco, inizia così: << A Oneglia e in Liguria eravamo quelli dell'Olio.>> E oserei aggiungere nel mondo. Negli anni venti e trenta chi andava in piroscafo in America, l'ultima cosa che vedeva uscendo in oceano dallo stretto di Gibilterra erano i grandi cartelloni pubblicitari dell'Olio Sasso, e la prima cosa che si vedeva in dirittura della Statua della Libertà era nuovamente la reclame dell'Olio Sasso. La lggendaria, iconica, <<lattina verde>> una specie di guida verde.
Un quadro a parte è dedicato a Mario Novaro, all'imprenditore, al poeta, al filosofo, al mecenate, e alla creazione de La Riviera Ligure, quella rivista all'avanguardia, che ha creato cultura, sostenendola attraverso la collaborazione di intellettuali del calibro di Giovanni Boine, Camillo Sbarbaro, Corrado Alvaro, Giuseppe Antonio Borgese, Dino Campana, Luigi Capuana, Emilio Cecchi, Corrado Govoni, Guido Gozzano, Piero Jahier, Aldo Palazzeschi, Clemente Rebora, Umberto Saba, Alberto Savinio, Scipio Slataper e Giuseppe Ungaretti.
Quanto all'arte pittorica, ci siamo giunti e occorre un capitolo a parte. L'hai intotolato: Guido Novaro senior collezionista. Ma è anche un modo per lasciare l'archeologia e avvicinarci a una specie di presente futuribile, in qualche modo, alla trasformazione, al passaggio, a una frantumazione.
Ora la geografia si divide tra le rive del Lago di Como, nella villa di fronte a Bellagio, e il passato, come un piede fermo alle radici (l'Alpicella su Capo Berta) e l'altro che si è mosso incautamente verso un futuro. In entrambi si muoverà anche il futuro narratore alla ricerca di una composizione cartografica del destino. È il capitolo che contiene un importante materiale iconografico.
Segue un altro ramo, quello della contessa Maria Soliani Raschini, ed è quello che secondo me introduce bene (anche se nessuna parte del libro sfugge a questa specie di compito) quella che io chiamo la centralità, il rapporto tra il bambino quando era bambino e suo padre. Qui hai raggiunto, perché probabilmente si tratta ancora di materiale incandescente, le cifre di una letteratura figlia di ogni letteratura <<paterna>>, qui certe pagine che non menzoniamo sono talmente belle e importanti e piene di sogni e di angosce, che leggendole chiudevo il libro e ricordavo Lettera al padre di Kafka. E chiedo a te ciò che avrei volentieri chiesto a Franz: ma è davvero tuo padre, nel senso che hai provato davvero tutto questo, perché questo, così tanto o così tanto poco ti ha dato? E quanto è stato difficile dirlo? Noi liguri dell'entroterra non riusciremmo mai, non accetteremmo mai non di consegnarci così, ma di consegnare così, in questo modo, un nostro padre alle pagine.
Guido Novaro
Comprendo molto bene cosa tu voglia dire quando scrivi “ E chiedo a te ciò che avrei volentieri chiesto a Franz: ma è davvero tuo padre, nel senso che hai provato davvero tutto questo, perché questo, così tanto o così tanto poco ti ha dato? E quanto è stato difficile dirlo? Noi liguri dell'entroterra non riusciremmo mai, non acceteremmo mai non di consegnarci così, ma di consegnare così, in questo modo, un nostro padre alle pagine, ebbene potrei risponderti con questa domanda: ma secondo te quanto coraggio ci vuole o quanto può essere difficile lanciarsi nel vuoto da un palazzo per cercare scampo dalle fiamme di un incendio che lascia l’unica possibilità di vita davanti attraverso una finestra?
Beh, per me è stato un po’ così, credo.
Ho scelto di voler continuare a vivere pur rischiando di morire per salvarmi.
A questo punto siamo giunti alla modernità, all'esilio svizzero. Agli attentati, alla vita intima, quella privata che si agita in un meccanismo che stritolerebbe chiunque, e che tanti rampolli ha stritolato. È un capitolo lungo, cui fa seguito quello del passaggio della Decimazione a Torino e Dalla guerra alla pubblicità. E intanto l'uomo ( il vizio della scrittura, forse, c'era già?) cresce... Si è mai chiesto l'uomo: datemi questa cosa che avete fatto diventare un giocattolo e io la rimetterò in sesto... Sono domande forse imbarazzanti, come dire, ma che c'entra questo con il libro? Ma se scrivere un libro del genere è mettersi in gioco, forse di quel gioco occorre accettarne anche le regole segrete.
Ma forse ci basterebbe una risposta alla vera domanda, quella tra parentesi, sul vizio della scrittura. Cosa ci puoi dire? E anche quali sono i tuoi progetti attuali.
Il vizio della scrittura c’era già? Non ne sono certo, ma forse si, sempre però in maniera piuttosto inconsapevole, so di per certo che mi sarebbe molto piaciuto sapere dipingere e forse questa cosa l’ho un poco trasferita nel mio modo di scrivere che come tu hai notato, cerca di rappresentare e suscitare le emozioni attraverso l’attenta descrizione dei paesaggi. Proprio come un pittore (non parlo qui, ovviamente di pittura concettuale contemporanea, ma mi riferisco piuttosto a certi pittori impressionisti o puntinisti), di solito cerca di fare.
Il primo esempio di “scrittura inconsapevole” risale ai miei 15 anni. Ero allora allievo interno del collegio Salesiano di Alassio ed era appena mancato mio nonno materno, il conte Antonio Soliani Raschini, la persona che mi ha educato e insegnato la disposizione dei “Punti Cardinali” grazie ai quali traccio le mie rotte e mi muovo nella mia vita. Il nonno, militare di carriera, comandante della più prestigiosa scuola di cavalleria italiana, quella di Pinerolo, ancorché severissimo, era la classica persona autorevole e non autoritaria e nonostante l’educazione “militare” ricevuta ero legato a lui immensamente. Ebbene capitò che quando mancò, dovetti, due giorni dopo il funerale, affrontare un compito in classe di Italiano e... niente, non riuscivo a scrivere niente. Io che generalmente restavo inattivo a riflettere per un’ora sul tema ed in dieci minuti scrivevo di getto e consegnavo, ricevendo sempre ottimi esiti, quel mattino non riuscivo proprio a scrivere una sola riga. Ad un certo punto, ecco che la mente si collega al braccio e iniziò a scrivere di getto una breve poesia sulla morte del nonno. Risultato? Un quattro in quanto non attinente al tema richiesto. La sorpresa, tuttavia, giunse qualche mese dopo quando Don Clombara, il professore di italiano e latino, mi chiamò e mi disse che avrei dovuto presentarmi a ritirare un premio per la poesia sul nonno che lui aveva, senza avermi avvisato, iscritto ad un concorso ( i Salesiani sono sempre stati dei “grandi”). Insomma, per rispondere alla tua ipotesi, si, forse la scrittura era già presente o forse certi pezzetti del DNA sono effettivamente portatori di parti della personalità dei nostri vecchi.
In relazione poi al desiderio di essere parte attiva nella Sasso, si, ovviamente faceva parte dei miei obiettivi, ma non in quanto facile porto ed ormeggio sicuro; coltivavo piuttosto la presuntuosa idea di poter portare il mio contributo. Non altrettanto era di questo parere mio padre che fece sempre di tutto per scoraggiare ogni mio tentativo e non so se per lungimiranza rispetto alla situazione interna all’azienda stessa o per cosa. Ora - per rispondere alla domanda sui progetti attuali -, con il lancio della start up Guido1860, che riguarda sempre l'olio, sto cercando di recuperare e di ridare vita ad una storia, non proprio banale, di famiglia e ne porto addosso tutto il senso di responsabilità per una sfida No Limits!
E qui, altro che “mettersi in gioco” qui mi sto giocando molto di più di quanto forse io stesso comprenda; fallire qui significherebbe diventare “lo zimbello del paese” e già mi pare di sentirle le voci dei “parenti più comodi” quelli che hanno potuto vivere questi anni da ex Casa Regnante!
Chissà cosa ne sarà e manzonianamente dico “ai posteri l’ardua sentenza...”
Marino Magliani
Altre parti riprendono le fila di un esercito che lotta per salvare una storia, un ricordo, un diritto. E a proposito di diritti vorrei raccontassi anche senza svelar troppo la questione <<thriller>> che chiude il romanzo, e che lo fa assomigliare a una foresta popolata di opere d'arte e avvocati e spie, attraverso la quale potrebbe indagare a fondo solo il detective e mio amico Bacci Pagano.
Guido Novaro
Per giungere infine alla domanda sulla possibile indagine del simpatico investigatore dei carruggi genovesi: non posso, per ora, raccontare di più, perché da pochissimi giorni sono stato contattato da una persona che vorrebbe incontrarmi, e che ha iniziato la conversazione chiedendomi: “ma lei è pronto a farsi sorprendere?” Che rispondergli se non “guardi io sono nato pronto!”
Appena avrò maggiori ragguagli ti aggiornerò, ma questi potrebbero indurmi a seguire la richiesta dell’editore e a scrivere il sequel di Liscio.
Marino Magliani
Marino Magliani è nato a Dolcedo, nell’entroterra di Imperia, nel 1960. Ha vissuto per anni tra Spagna e America Latina e alla fine del secolo scorso si è stabilito in Olanda, sulla costa, dove scrive e traduce. Tra le sue opere troviamo: Quattro giorni per non morire (Sironi, 2006), Il collezionista del tempo (Sironi, 2007), Quella notte a Dolcedo (Longanesi, 2008), La spiaggia dei cani romantici (Instar Libri, 2011; pubblicato in Olanda da Prometheus). Nel 2010 con il romanzo La tana degli Alberibelli (Longanesi), ambientato nelle terre del ponente ligure, ha vinto il Premio Frontiere – Biamonti, Pagine sulla Liguria. Nel 2017 esce L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi (Exòrma Edizioni) e nel 2018 Chiarelettere pubblica Prima che te lo dicano altri, nella collana Altrove curata da Michele Vaccari. Con questo romanzo si aggiudica il Premio Selezione Bancarella 2019.
Guido Novaro
Guido Novaro nasce a Sanremo nel 1956, discendente dell'antica famiglia Novaro fondatrice dell'azienda olearia Sasso. Ha lavorato e lavora nell’ambito del marketing e comunicazione per diverse società multinazionali e agenzie pubblicitarie. Ha vinto il Media Key Press and Outdoor come direttore creativo nel 2016. Attualmente vive a Moncalieri. “Liscio come l’olio” , edito da 1000eunanotte Edizioni, è il suo primo romanzo.
redazione@themeltingpop
Comments