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  • Immagine del redattoreAntonella Grandicelli

Con le mani nella carta. Storia di una cartastorie.

La carta parla di noi. Lo fa da secoli e secoli. Materiale che abbiamo inventato per aiutarci a ricordare quanto raccolto abbiamo fatto e quanto ne abbiamo utilizzato; per raccontare di viaggi a cui, altrimenti, nessuno avrebbe mai creduto; per raccogliere leggi e preghiere; per lasciare diari a memoria di noi e del nostro passaggio.


La carta è presente nella nostra vita sotto molte forme, anche se spesso non la notiamo, non siamo in grado di vederne le molte anime, la usiamo e l’abbandoniamo poi al suo destino senza rimpianti e senza remore. Anzi, spesso viviamo con insofferenza e costrizione l’attenzione per l’ambiente che ci costringe alla raccolta differenziata e al riciclaggio.

Non è così per Monica Colombara di Ape Furibonda, libraia per mestiere e mastra cartaia per passione, che in una piacevolissima chiacchierata mi ha raccontato il suo grande amore per la carta e il vivace e intimo rapporto che le lega.



Realizza le sue opere in un vecchio garage, che è al contempo laboratorio e showroom e le espone sulla sua bancarella nelle fiere e nei mercatini, in quella dimensione nostalgica e romantica che apparteneva all’artigiano di una volta.


All’ultima edizione dell’importante concorso Libri fatti a mano di Pieve S. Stefano (Arezzo), in coppia con Daniela Ricotti, si è classificata tra i primi tre finalisti, realizzando un libro pop-up rigorosamente artigianale e premiato da un’autorevolissima giuria di bambini.



“Chi lavora con la carta e le sole mani, sposa il silenzio…”. Questo potrebbe far credere che i mastri cartai siano personaggi solitari e musoni, poco inclini alla parola. Non è così. Dal nostro incontro ho capito quanto Monica sia felice di comunicare e condividere con gli altri la sua continua meraviglia nel lavorare con la carta.



Chiedo a lei di quando e come si è avvicinata a questa forma di artigianato artistico e le brillano gli occhi nel ricordare di come qualche anno fa, frequentando un corso per mastri cartai organizzato dalla Regione Liguria presso il Museo della Carta di Mele (Genova), ha riscoperto questo materiale, la sua duttilità e il suo immenso potenziale espressivo. Ottenere il pisto, setacciarlo con il telaio, dare vita al foglio di carta e da lì partire per creare.


Da allora si è dedicata con sempre maggiore entusiasmo alla realizzazione di oggetti in carta e cartone, utilizzando spesso materiali di recupero e una sensibilità innata, ma anche esercitata, verso di loro. Nascono così dal lavoro sapiente e paziente delle sue mani biglietti augurali, segnalibri, scatole, album, taccuini, portafoto, bomboniere e i suoi romantici e poetici “Booket” (divertente ed azzeccato neologismo di cui va molto fiera), veri e propri bouquet di fiori in carta, creati utilizzando le pagine di vecchi libri.



Alla mia curiosità su come possa conciliare il suo lavoro di libraia e lo smembramento di volumi per le sue creazioni, Monica mi assicura che ha una linea etica ben precisa nell’approccio al libro come materiale di lavoro: sceglie sempre volumi scartati per qualche difetto di stampa o impaginazione, che sono fuori produzione perché sostituiti da edizioni più aggiornate, cataloghi o annuari destinati al macero. In questo modo non solo non determina la fine del libro ma ne allunga la vita, dandogli nuova forma.


Quando cammino per strada, entro nelle botteghe o mi guardo in giro, lo faccio sempre alla ricerca di scarti, residui, oggetti e materiali che hanno esaurito il loro utilizzo principale, pronti per essere eliminati e nei quali riesco ad intravvedere un potenziale di rinascita.” Così mi racconta Monica della sua passione per il riciclo, il talento naturale di cui è dotata per vedere nelle cose che sembrerebbero ormai giunte al capolinea della loro vita – magari rotte, stracciate, inutilizzate – nuove capacità espressive, nuove esistenze.


Sarà Monica a piegare la carta ai suoi progetti o sarà la carta stessa ad avere in sé la forma di ciò che verrà realizzato? Monica mi confida che spesso sono proprio i materiali vecchi e già usati che trova a suggerirle uno spunto da percorrere, un’idea da sviluppare. “A volte basta spostare la prospettiva, capovolgere ciò che hai davanti e lasciare che le mani lo plasmino. La manualità è una qualità che sembriamo aver perso, bandita, liquidata perché richiede tempo, senza renderci conto che è proprio lui – il tempo che impieghiamo per realizzare qualcosa a mano – il vero valore aggiunto di ciò che ne deriva”.



Cerca così di convertire altri alla riscoperta del valore terapeutico della manualità tenendo workshop nei quali insegna a trasformare un oggetto inerte in un altro caricato di significati personali. Origami semplici o più complessi, che regalano la soddisfazione “di poter sopperire con la carta a qualsiasi desiderio.”

E nel futuro prossimo di Monica Colombara si aprirà la nuova sfida della calligrafia artistica, “perché ogni biglietto augurale possa essere anche nel messaggio che riporta un unico e originale ricordo a rispecchiare la personalità della persona a cui verrà dedicato.”




Se vorrete saperne di più, cercatelo ne “LE MANI, LA CARTA nient’altro. Storie di una cartastorie” (Pentagora, 2018), un prezioso volumetto in cui Monica Colombara ha racchiuso il senso del suo lavoro e ci ha regalato alcuni dei suoi segreti per dare forma ai nostri desideri. Non solo esercizi di manualità, ma anche un atteggiamento nei confronti della vita, un modo per riconsiderare la lentezza del gesto, la pazienza che ne deriva, lo sguardo attento e amorevole verso ciò che ci circonda.





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