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  • Immagine del redattoreArianna Destito

Bruno Morchio: che fine ha fatto Bacci Pagano?

Cos'è cambiato nella nostra società in pochi anni?

Questa intervista è del 2012. Da un lato sembra di parlare di un altro mondo. Dall'altro sembriamo stagnare negli stessi problemi. Una cosa è certa la letteratura resta.


Il Profumo delle bugie (Garzanti) è l'esilarante romanzo di Bruno Morchio che seziona con abile perizia chirurgica una tradizionale famiglia borghese facendola esplodere nelle sue più putride ipocrisie.


La prima volta senza Bacci Pagano. E al suo posto una bizzarra famiglia borghese genovese. Quanto c'è della genovesità in questa famiglia o le borghesie sono tutte uguali?

Le borghesie non sono tutte uguali, però sono tutte inguaribilmente cieche. Se guardiamo al mondo, quelle dei paesi emergenti (penso alla Cina) sembrano trascurare il fatto che uno sviluppo sconsiderato è incompatibile con la sopravvivenza del pianeta. In Europa, anche la borghesia più accorta e lungimirante (quella tedesca) non sembra rendersi conto che senza unità politica il vecchio continente non avrà futuro. Quanto all’Italia, il panorama è desolante. Abbiamo perso vent’anni inseguendo i problemi di un satrapo che ha costruito un impero finanziario basato sul mattone e sulle televisioni, senza una politica industriale e senza investire in innovazione, e siamo passati dal “piccolo è bello” dell’effimero boom del Nordest al feroce, insano cinismo dell’amministratore delegato in cachemire. Un arretramento culturale, prima che economico, da fare paura.

Inoltre, è un fatto che la borghesia di oggi è anzitutto finanziaria e cospicuamente contaminata dagli interessi della criminalità organizzata. Questi si orientano su tutti i settori produttivi, ma certo il cemento (grandi opere, edilizia residenziale e no) ne rappresenta il fulcro, il centro nevralgico.

La borghesia genovese ha sempre avuto una vocazione finanziaria e il cemento ha rappresentato una forma di investimento molto redditizio che ci ha restituito una regione disastrata, dove la pioggia è diventata sinonimo di distruzione e morte. Gli Ansaldo ormai non esistono più, da tempo. Industria di stato, attività portuali e marittime ed edilizia sono stati i pilastri dell’economia di questa città; la prima è ridotta all’osso e la seconda attraversa una crisi pesante. Non c’è da stupirsi se una parte cospicua della sinistra genovese agogna alla gronda come se fosse la panacea di tutti i mali della città, pur sapendo che si tratta di un’opera costosa, inutile e devastante. Infatti si vuole farla non perché serva a qualcosa ma per aprire cantieri e far girare capitali.


La famiglia de Il profumo delle bugie ha fondato le sue ricchezze sul mattone e sulle collusioni con il potere politico e in questo non è specificamente genovese. È una famiglia poco parsimoniosa e anche questo è poco genovese. Anche la distanza dei due capostipiti dai tabù cattolici, il distacco ironico con cui guardano al bigottismo delle “prefiche dalla fica secca” li rende poco affini al milieu di una certa borghesia cittadina. Quello che c’è di tipico della borghesia genovese è la spregiudicatezza rivestita di ipocrisia.


Come è nata la storia? Il profumo delle bugie sembra in perfetta sintonia con in nostri tempi. Ipocrisia, intrecci grotteschi, vizi privati, pubbliche virtù. Una bella fotografia di una certa Italia di oggi. Addirittura nel nostro paese i vizi peggiori per un ventennio sono diventati pubbliche virtù manifestate senza alcuna vergogna. È sufficiente renderli grotteschi per esorcizzarli?

Il tipo di vizi messi in piazza in questi anni dai media nazionali non possono che essere esorcizzati con una risata. Altra cosa è chiedersi quanto i pozzi della sensibilità culturale, dei principi etici, del buongusto, del senso comune e dell’immaginario collettivo siano stati avvelenati da trent’anni di pessimo uso della televisione e dei giornali. Qui temo che la guerra sarà più lunga e difficile.

Per tornare al romanzo, l’ironia e il grottesco ne sono il registro prevalente, anche se essi non si applicano ad un personaggio, quello di Lena, che è forse la figura più positiva e la cui vicenda ha un tono univocamente tragico.

L’idea di un romanzo “non noir” covava da tempo, ma non perché io creda che solo il cosiddetto “mainstream” possa rivelare il valore di uno scrittore. In Italia i migliori autori scrivono noir. Inoltre non credo alla categoria “mainstream”: ogni storia è ascrivibile a un genere e il noir permette di attraversarli tutti. Con le indagini di Bacci Pagano ho giocato con il romanzo psicologico, quello storico, la spy story e perfino il giallo classico. Potrei dire che questa volta ho abbandonato il romanzo d’indagine per scrivere una storia grottesco-borghese.

Questo però non significa che scrivere Il profumo delle bugie non sia stata una sfida: sul piano formale, perché ho utilizzato la terza persona (anche se tutta la storia di Tilde in Rossoamaro è raccontata in terza persona) e l’ho fatto in un modo molto particolare, adottando in ciascun capitolo il punto di vista di uno dei tre maschi della famiglia: il nonno Edoardo, suo figlio Meo e il nipote Francesco. Sul piano della storia che, filtrata dall’ironia, è imperniata su una vicenda che nulla ha a che fare con il plot di indagine.

Infine ho rinunciato a Genova, che non è mai nominata, anche se luoghi, storia e perfino il dialetto risulteranno ai genovesi riconoscibilissimi.


Leggendo il tuo libro viene in mente la retorica della famiglia tradizionale e quello che dice Jodorowsky: “Ha fatto più danni la famiglia della bomba atomica”. Che ne pensi?

A un certo punto, parlando con il fidanzato, la giovane Dolores dice: “La famiglia è il luogo più infido che esista, Francesco.” E lui si arrabbia e la respinge battendo i piedi in terra, come un bambino. In quella reazione infantile sta tutta l’ambiguità di ogni discorso sulla famiglia: qualcosa su cui gli adulti possono ironizzare ma di cui i bambini hanno un bisogno vitale. Il fatto che, come racconta il romanzo, essa procuri loro dolore, infelicità e ferite mostruose non la rende meno necessaria. Non è detto che le cose vadano meglio quando viene a mancare. Il mio lavoro in consultorio mi insegna che, per una coppia con figli, imparare a separarsi bene è più impegnativo che imparare a restare insieme. Del resto, pur fra mille resistenze, oggi i tempi sembrano maturi per parlare di famiglie plurali, non tradizionali, aperte.


Bacci Pagano, l'analfabeta dei sentimenti è in vacanza?

Dopo sette romanzi e un libro di racconti, è innegabile che abbia giocato il desiderio di liberarmi di questi due ingombri: Genova e Bacci Pagano. Di provare a me stesso che, anche senza di loro, della mia scrittura restava qualcosa e potevo comunque inventare una storia avvincente che valesse la pena di essere raccontata. Ma i lettori non devono preoccuparsi: ho già inviato all’editore il soggetto del nuovo romanzo di Bacci Pagano, che si intitolerà: Lo spaventapasseri e racconterà di un Bacci impegnato a proteggere un vecchio amico, candidato alle elezioni politiche, con tanto di appendice sentimentale: dopo lungo tempo, finalmente, il ratto dei carruggi tornerà a innamorarsi.

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