di Arianna Destito
Un ricordo impresso nella memoria. Un grande privilegio poter partecipare a un laboratorio di Stranità condotto da Anna Solaro. Era il 2015 e il gruppo si stava preparando per La grande bellezza, lo spettacolo che avrebbe debuttato al Teatro della Corte. Certe emozioni tornano. Sempre.
Teatro dell'Ortica. Mercoledì mattina.
Stranità. Laboratorio di Teatro Sociale in collaborazione con la Salute Mentale della Asl 3 in un percorso di Teatro integrato che da ventitré anni impegna pazienti psichiatrici, attori professionisti e operatori sociali che lavorano insieme uniti dalla stessa passione e dallo stesso impegno.
Gli attori entrano uno dopo l'altro, salutano e si accomodano. C'è affiatamento e intesa, sensazione di benessere, familiarità, consuetudine, amicizia, complicità, qualcuno passeggia nell'auditorium del Teatro dell'Ortica. Fuori, una bella giornata di sole. Dentro un calore che non dipende solo dal clima. Sono tutti in preparazione per lo spettacolo L'altra bellezza. Al Teatro della Corte Mercoledi 29 Aprile 2015 con doppia replica, alle 10.30 e alle 20.30. Anna Solaro, attrice, regista e anima di Stranità, in attesa del gruppo al completo, prima delle ultime prove, mi accoglie. E mi ritrovo immersa in questa emozionante camera delle meraviglie. Un viaggio visionario dove incontro e chiacchiero con alcuni protagonisti dello spettacolo.
Anna Solaro, qual è la strada giusta per L'altra bellezza?
"Stare in ascolto di chi è fragile. Proprio perché chi è fragile ha sviluppato una resilienza, una capacità di resistere agli urti significativa. E molti di loro, rispetto ai propri limiti e alle proprie difficoltà hanno sviluppato una consapevolezza che insegna. Essere mutuali, concretamente rispetto a chi sta ai margini, significa anche imparare a usare gli altri come specchio di chi ha il coraggio di mettere le mani nel sé. Di guardarsi davvero. È un'occasione, non per impaurirsi delle proprie difficoltà, dei propri limiti, ma per guardarli. Per imparare ad accettarli. Per accettarsi. Il teatro ne fa poesia. Ne rende una degna restituzione e questo credo che faccia parte di una bellezza comune condivisibile di una bellezza che possa tracciare dei sentieri per poter camminare anche tutti in uno stesso modo. Camminare insieme. La strada è il laboratorio, lo spettacolo è un passaggio. Qui si continua a progettare, il fatto che queste persone non siano terrorizzate dall'andare in scena ma pensino al domani si relazionino con serenità rispetto a chi li intervista. A chi viene accolto in gruppo. Si pensa che si debba noi accogliere i fragili io credo che in realtà l'esperienza sia di essere accolti.
Qui si è sviluppato un senso di appartenenza e un'identità forte. Questa è casa per loro un luogo che sanno abitare lavorando in cooperazione, ognuno per sé, ma in cooperazione, e si producono delle cose. Qui c'è un comportamento condiviso, le regole sono condivise e fanno parte di un codice morale interno. Qui c'è la disponibilità di fare ricerca. Ci godiamo il piacere di fare ricerca teatrale e umana insieme, c'è una ricerca personale.
Si va in scena con la giusta ansia. Trasformabile e misurabile con l'atto catartico. Con la consapevolezza di andare in scena e con una strumentazione attoriale completa. Nel gruppo ci sono infermieri, operatori teatrali, educatori. E sono tutti nello spettacolo."
Mi avvicino a Fabio, molto entusiasta. Sta già pensando allo spettacolo successivo.
"Qual è il momento più intenso del laboratorio?"
"L'inizio. Il momento del saluto. Si ricomincia dopo una settimana. Si è fatto delle cose e ci si racconta. Qui è tutto un crescendo".
Poi incontro Armando, "Sono stato ricoverato a Quarto quattro anni dal '70 al '74. Il manicomio incombeva addosso come una minaccia. La mia vita ora è nel teatro. Mi piace scrivere, ho iniziato a farlo appena sono uscito dal manicomio. E ora mi piace portare in scena quello che scrivo. Sono timido, è una soddisfazione andare sul palco non tanto per recitare ma per il fatto di avercela fatta perché vinco la timidezza. Anche qui in laboratorio il momento più intenso è alla fine della mattinata insieme. Mi sento migliorato."
C'è anche qualcuno che preferisce stare ad osservare da spettatore.
Pino, "Faccio parte del gruppo da quattro anni. Siamo andati al Teatro Duse al Genovese, a Sarzana a Pavia e a Savona. Un tour molto emozionante da vivere. Ho dei ricordi bellissimi. Michele, "Questo laboratorio è come una sorta di neorealismo. Si racconta la storia della malattia e delle sofferenza per superarla. E poi la guarigione. Mi sono ritrovato in tante cose e mi sento partecipe".
Nel gruppo incontro anche NicolettaTangheri, attrice professionista che è entrata da pochi mesi nel gruppo "Sono qui da dicembre. Questa è la mia prima esperienza con il gruppo. Prima esercitavo, vengo dalla scuola di teatro di Bologna, poi a un certo punto della mia vita non mi sentivo di stare sul palco e ho cercato altri modi per esprimermi. Ho scritto un libro, Il rumore dei miei passi, (Infinito edizioni) sull'anoressia. Per lo spettacolo ho adattato un pezzo del libro a questa esperienza cercando di non parlare solo di anoressia ma di un disagio generale, del problema di scivolare nella depressione e di trovarsi di colpo nel buio, elaborarlo e adattarlo allo spettacolo che è l'altra bellezza. In questo gruppo, Stranità, ho trovato il teatro che sto cercando. Il contatto vero. Il contatto con l'altro. Il teatro sociale.
Anna Solaro lascia esprimere. A volte i registi imbrigliano in alcuni schemi e mi capitava di non riuscire a tirare fuori quello che volevo. Con lei riesco a essere me stessa e nel contatto con l'altro trovo l'amicizia. Sento l'altro come amico riesco a far emergere quello che ho. E non a caso Anna riesce a incanalarlo nello spettacolo."
È vero. Le prove hanno inizio e ognuno fa emergere quello che ha, quello che può e quello che sa senza pregiudizio. Sono tutti bellissimi già così, nelle prove, dove si danno generosamente senza risparmiarsi.
Anna conduce con garbo ed eleganza, suggerisce i gesti migliori e tutti la seguono con attenzione. Immagini e scene che si alternano.
La vera bellezza è uno sguardo verso le altre persone.
Monologhi scritti dagli attori stessi che come poesia ti restano dentro. E lo spettacolo è ricco di intuizioni suggestioni e poesia.
Come le parole di Danilo "scrivo sulla bellezza. La bellezza è creativa. Lo scrivere mi dà un senso di appartenenza. Ci vorrebbe poesia astrale eterea ma la decifrerò. La bellezza è come scrivere, è creativa. È l'esistenza stessa."
Qui potete trovare l'intervista ad Anna Solaro.
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