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MARTA STELLA

Immagine del redattore: Redazione TheMeltinPop Redazione TheMeltinPop

GENOVA BOOKPOP FESTIVAL:

3 domande sul Divenire



In un'attualità di profondi cambiamenti e di rapida trasformazione, Genova BookPop Festival si è aperto quest'anno al Divenire, proponendosi di indagarne le forme, i dubbi e i dissidi che porta con sé, le reazioni che provoca. Ma anche le scoperte, le opportunità, i nuovi orizzonti. Una pluralità di sguardi per trovare un percorso comune verso obiettivi comuni.


Per prepararsi ad accogliere gli ospiti, Themeltinpop ha posto loro tre domande sul Divenire.


 

Marta Stella è nata a Finale Ligure nel 1988. Giornalista professionista e consulente editoriale, i suoi ultimi lavori sono comparsi sul New Yorker, con un documentario premiato ai New York International Film Awards, e su Review de Il Foglio. Negli ultimi anni ha svolto diverse curatele, dal festival di cinema femminile Sguardi Altrove al progetto “Narrate, gente, la vostra terra” con il Fondo Ambiente Italiano. "Clandestine. Il romanzo delle donne" è il suo esordio letterario.  

 


"Come il tuo romanzo “Clandestine” ci mostra, la lotta per i diritti delle donne è stata un processo di divenire collettivo che ha trasformato profondamente la società italiana. L’attualità ci dimostra però che le trasformazioni non sono irreversibili né lo sono le conquiste. Quali sono le nuove sfide che il femminismo deve affrontare oggi?

 

C'è una scena che mi è molto cara. Siamo a Parigi, da poche settimane è appena stata proclamata la Loi Veil, la legge che depenalizzò l'interruzione di gravidanza in Francia grazie a Simone Veil. Simone De Beauvoir è nel suo studio dinanzi alla più giovane delle sue sodali, Claudine Monteil. La ventenne esulta, ma Beauvoir la incalza: “Certo, Claudine, abbiamo vinto, ma temporaneamente. Basta una crisi politica, economica e religiosa per mettere in discussione i diritti delle donne, i nostri diritti. Dovrai rimanere vigile per tutta la vita". È una diapositiva, un frammento, un attimo destinato a entrare nella Storia delle donne, purtroppo dimenticata. Quella frase, epica e al contempo profetica, dopo gli anni del disincanto e poi del berlusconismo, è ritornata poi come uno slogan. O forse peggio, come un'amara litania del presente. Le sfide di oggi sembrano quelle di ieri: penso al tema della maternità surrogata che nuovamente mette il corpo delle donne alla mercé della politica, o meglio del discorso politico. Un corpo di nuovo utilizzato come moneta di scambio sia dalle forze di maggioranza che di opposizione senza una vera e profonda riflessione sul materno. Concentrandosi sulle parole, siamo qui per questo, credo che una delle principali sfide di oggi sia proprio quella di non lasciare che gli slogan si svuotino di senso.  La mia protagonista, nella sua ode profetica nel monologo iniziale, mette in guardia se stessa e le altre: "Femminismo. La parola trema già instabile. Ce la stiamo cucendo addosso, fra le trame dei nostri maglioncini colorati. Sulla tasca posteriore della minigonna. Dovremo riuscire a far 15 sì che non finisca stampata su un pullover alla moda. a. Qualcuno forse ci sta pensando. Qualcuno sicuramente ci penserà quando noi saremo sparite. Mi chiedo cosa ne sarà delle menti offuscate dal progresso quando saranno tutti troppo occupati da altro per ricordarsi di questi giorni. “La vita è vita.” “L’aborto è peggio dello stupro.” Mi sembra già di sentirli, come un’eco dal futuro. Mi chiedo cosa ne sarà di noi, profughe del passato, quando i nostri cadaveri sottoterra non potranno più raccontare".


In un mondo in continua evoluzione, come percepiamo il concetto di divenire? È una costante inevitabile o una sfida da affrontare? In che modo il divenire influenza la nostra identità, le nostre relazioni e la nostra visione del futuro?


Il divenire è sempre una sfida. Ed è di nuovo la letteratura delle donne, dimenticata e poi recuperata, a fornirci lo specchio amaro del percorso che le nostre nonne, madri e sorelle hanno dovuto affrontare nel loro divenire in questo Paese. Anche qui ritorno sulle parole. Sono ancora le parole a tracciare il nostro divenire nel tempo: purtroppo, anche quelle nascoste, negate. Lo scriveva Goliarda Sapienza: "Il male sta nelle parole che la tradizione ha voluto assolute, nei significati snaturati che le parole continuano a rivestire. Mentiva la parola amore, esattamente come la parola morte. Mentivano molte parole, mentivano quasi tutte. Ecco che cosa dovevo fare: studiare le parole esattamente come si studiano le piante, gli animali... E poi, ripulirle dalla muffa, liberarle dalle incrostazioni di secoli di tradizione, inventarne delle nuove, e soprattutto scartare per non servirsi più di quelle che l’uso quotidiano adopera con maggiore frequenza, le più marce, come: sublime, dovere, tradizione, abnegazione, umiltà, anima, pudore, cuore, eroismo, sentimento, pietà, sacrificio, rassegnazione." 


Nel percorso personale, la scelta tra lasciare e trattenere è una decisione inevitabile ma a volte profondamente combattuta. Nella storia del tuo divenire come individuo, in che misura riesci a lasciare andare e in che misura finisci per trattenere?


Dentro di me c'è ancora la bambina che in autunno scivolava sulle dune degli stabilimenti liguri oramai deserti, la ragazza che guardava in cagnesco il mare d'inverno sognando di scappare. È con loro che la donna che sono oggi fa i conti: spinta per indole al "lasciare andare", è grazie a loro che alleno il mio "trattenere". 

 

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