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"Verrà un giorno che anche per noi brillerà il sole." Quinta parte

Dal diario di Michele Lanata, catturato dai tedeschi e fatto prigioniero in un campo di concentramento a Monaco nel 1943


In seguito all'occasione della Giornata della Memoria 2021, continuiamo con la pubblicazione di stralci tratti dal diario inedito di Michele Lanata, genovese, catturato dai tedeschi nel 1943, fatto prigioniero dapprima in Italia e poi tradotto in un campo di lavoro in Germania nei pressi di Monaco di Baviera.

"Noi quattro siamo incaricati di portare le mattonelle sul tetto e lì vi sono pure diverse squadre di francesi che riparano il tetto. Io da quando mi trovo quaggiù in Germania facendo tesoro di quel poco francese che ho studiato alla scuola lo metto in pratica e riesco a farmi capire discretamente dai francesi e data anche la facilità della lingua nel leggere mi riesce benissimo. Quindi adesso che lavoro assieme a loro posso procurarmi qualche giornale francese, in special modo L'eco de Nanci."

Nei campi di prigionia e nei campi di concentramento tedeschi furono imprigionate persone provenienti da molti dei paesi europei. Tra i prigionieri vi era una babele di lingue diverse e spesso era difficile comunicare e comprendersi, rendendo tutti ancora più soli ed isolati. Molti dei racconti dei reduci dai lager spiegano quanto era importante conoscere anche solo poche parole di un'altra lingua oltre alla propria, soprattutto il tedesco, ma anche altre lingue che potevano tornare utili per fare da traduttori o per venire a conoscenza di notizie, di cui altrimenti si sarebbe stati all'oscuro.


"[...] ovunque le macerie ingombrano le vie e per di più hanno inventato adesso il traino degli autocarri per mezzo dei tranvai, forse questa sarà mica l'arma segreta attesa da questo popolo per avere la vittoria? Non credo perché questa buffonata non riscuote tra la popolazione altro che ilarità."

La presunzione e l'arroganza della Germania le avevano spesso fatto annunciare di avere tra le mani un'arma di tale potenza distruttiva da decidere definitivamente le sorti della guerra. È probabile che questa voce girasse anche nei campi di prigionia militari, per fiaccare il morale dei prigionieri e per farli desistere da ogni speranza di riscatto e rivincita. Ma andando avanti con il conflitto e vedendo farsi sempre più intensi i bombardamenti e le azioni di contrattacco degli alleati, i prigionieri cominciano a guardare con sarcasmo alle parole e ai proclami dei tedeschi.


"Ieri sera abbiamo sentito la lieta notizia dell'occupazione dell'isola d'Elba da parte degli Angloamericani e della presa di Grosseto. Da quanto si vede malgrado l'accanita resistenza dei tedeschi, gli Alleati continuano la loro avanzata ed in modo molto celere. Speriamo che la sospirata fine non sia troppo lontana."

Nel frattempo voci dell'avanzata delle forze alleate in Italia e del conseguente arretramento delle linee tedesche cominciavano a diffondersi anche nel campo. Queste notizie infondevano speranza negli animi degli italiani, che sentivano più forte la possibilità di una fine vicina della guerra, che per loro avrebbe significato il ritorno a casa tanto agognato. Erano notizie frammentarie ma rappresentavano comunque un appiglio a cui tendere.


"Ieri mattina quando ci siamo svegliati abbiamo sentito la lieta notizia che durante la notte tre nostri compagni sono evasi. [...] Approfittando della notte buia e piovosa verso l'una poco dopo l'ispezione del sergente sono scappati da una finestra e di lì guadagnato il cortile hanno scavalcato il reticolato e si sono dati alla macchia."
"È impossibile descrivere a parole la rabbia e il livore dei nostri guardiani, giravano tutto il giorno come belve per la baracca in cerca di chi sa che cosa, forse con l'idea di ritrovarli sotto qualche armadietto o qualche tavolo."

Anche se non furono molti i tentativi di fuga - e comunque pochi ebbero esito positivo - a volte qualcuno cercava di scappare dai campi, approfittando di qualche disattenzione delle guardie o qualche falla nel sistema di controllo. Michele Lanata ci racconta della fuga di tre suoi connazionali, che, grazie alla dimenticanza di una guardia durante un'ispezione, trovarono una via di fuga in una finestra lasciata aperta. Due di loro riuscirono nel tentativo, dileguandosi. Il terzo, una volta fuori, si fece prendere dalla paura e rinunciò, riconsegnandosi ai suoi aguzzini. Ovviamente ad ogni fuga, la rabbia dei tedeschi innescava crudeli rappresaglie sui prigionieri rimasti. Resta il dubbio se fossero più un modo per scoraggiare ulteriori fughe o una vile vendetta per essersi fatti scoprire deboli.


"Assieme alle bombe, buttano giù dei volantini ed avvertono la popolazione se non fanno cessare la guerra questi continueranno la serie dei bombardamenti sempre più massicci. Il male consiste che qua a Monaco ottimi ricoveri non ve ne sono, tutte cantine in fondo alle case, ovunque paraschegge molto poco protetti e con le caramelle che vengono giù non c'è niente da fare. È inutile che descriva il morale che c'è in baracca, abbonda sulle bocche il più nero pessimismo e le più brutte bestemmie. Siamo in un bel guaio, speriamo che Iddio continui a proteggermi come in passato."

Intanto la guerra raggiungeva i suoi momenti più duri. Gli Alleati effettuavano bombardamenti sempre più violenti e ravvicinati su tutto il territorio tedesco, lasciando ovunque macerie e distruzione. Le maggiori città e gli insediamenti industriali furono ovviamente gli obiettivi più importanti. Monaco era stata una delle prime e delle più convinte roccaforti del partito nazista, anche se fu il luogo dove prese vita il movimento della Rosa Bianca di Sophie Scholl, che fece resistenza al nazismo tra il '42 e il '43, prima di essere annientato. Monaco fu comunque tremendamente danneggiata dai bombardamenti e dovette in seguito, a guerra terminata, essere completamente ricostruita.

I prigionieri nei campi ovviamente si sentivano in pericolo e totalmente inermi sotto la pioggia di bombe che aumentava di giorno in giorno, tanto che molti di loro cominciavano a disperare di riuscire a sopravvivere fino alla liberazione. Anche Michele, il cui spirito combattivo lo aveva sempre sostenuto e gli aveva permesso di adattarsi alla dura vita della prigionia, fa trasparire momenti di sconforto e prega di riuscire ad uscire vivo da quella situazione sempre più difficile.












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