La verità, vi prego, sulla fast fashion
- Redazione TheMeltinPop
- 13 feb
- Tempo di lettura: 5 min
Vestirsi bene senza indossare sensi di colpa

Hai mai guardato il tuo armadio e pensato: “Questa maglietta mi sta bene, ma a quale prezzo per il pianeta?”
Se la tua risposta è no, tranquillo: siamo qui per rimediare. Se la tua risposta è sì, benvenuto nel club dei fashionisti eco-consapevoli (e leggermente paranoici).
La moda alternativa ed ecologica non è solo una tendenza per radical chic con la borraccia sempre in mano, ma una vera e propria rivoluzione. Si tratta di vestire bene, sentirsi meglio e non contribuire alla devastazione del pianeta - che già ha i suoi problemi senza dover gestire pure il nostro vecchio paio di jeans inquinanti.

Fast fashion? No, grazie.
Avete presente quei capi che costano meno di un caffè ma che dopo tre lavaggi assomigliano a un vecchio straccio? Ecco, quella è la fast fashion, il nemico numero uno dell’ambiente (e spesso anche del buon gusto). Produzione intensiva, sfruttamento del lavoro, montagne di rifiuti tessili: un disastro annunciato.
Il termine "fast fashion" si riferisce alla rapida produzione e all'ancora più rapido consumo di capi di abbigliamento, creati per dare una risposta immediata e a prezzi molto bassi alle tendenze della moda. Nuove collezioni si susseguono più volte durante l'anno, con l'intento di spingere ad acquistare nuovi articoli più frequentemente. La fast fashion è un modello che punta sulla velocità di produzione, riducendo i costi attraverso materiali a basso costo e sfruttando economie di scala.
La fast fashion, il nemico numero uno dell’ambiente (e spesso anche del buon gusto)
Questo fenomeno ha cominciato a prendere piede negli anni '80 e '90, ma il termine stesso è diventato popolare a partire dal 2000. Il modello di business è stato reso famoso da brand come Zara, H&M e Uniqlo, che hanno rivoluzionato l'industria della moda producendo capi a un ritmo rapido e consentendo a milioni di persone di acquistare vestiti a prezzi minimi. La globalizzazione e l'avvento di tecnologie di produzione, spinte sempre più verso performance ad alto rendimento, hanno accelerato enormemente questo processo.
Quale l'impatto sul sistema economico mondiale?

L'effetto della fast fashion sull'economia globale è stato profondo. Da un lato, ha prodotto una (illusoria?)democratizzazione della moda, offrendo accesso a capi trendy a una larga fascia della popolazione. Dall'altro, ha creato migliaia di posti di lavoro nei paesi produttori, esasperando i sistemi di fornitura e le logistiche con l'obiettivo della massima efficienza.
Tuttavia, il modello della fast fashion ha portato con sé conseguenze decisamente negative, come lo sfruttamento del lavoro (chi non ricorda le 1129 vittime del crollo del Rana Plaza in Bangladesh nel 2013) e un devastante impatto ambientale. Molte delle produzioni avvengono in paesi con standard di lavoro bassi, dove i lavoratori sono spesso sottopagati e costretti a lavorare in condizioni precarie. La produzione massiva di abbigliamento usa e getta ha portato come diretta conseguenza l'accumulo di una grande quantità di rifiuti tessili, un crescente inquinamento da microplastiche e un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali.
Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che il modello economico della fast fashion ha messo sotto pressione molti brand che non possono competere sui prezzi bassi, mentre brand più piccoli con offerte di prodotti maggiormente ecosostenibili faticano a emergere in un mercato dominato dalle grandi catene attraverso strategie spregiudicate e discutibili.
La moda alternativa ed ecologica non è solo una tendenza per radical chic con la borraccia sempre in mano, ma una vera e propria rivoluzione.

30 marzo: Giornata Internazionale dei Rifiuti Zero
Proclamata dall'Assemblea ONU il 14 dicembre 2022 con l'obiettivo di promuovere la consapevolezza dell'importanza di ridurre i rifiuti e adottare pratiche sostenibili, la Giornata Mondiale dei Rifiuti Zero si celebra ogni 30 marzo.
Nel 2025 avrà come slogan Towards zero waste in fashion and textiles, verso zero rifiuti nella moda e nel tessile. Il proposito è quello di mettere in evidenza l’urgenza di intervenire nel settore della moda e del tessile per ridurre gli sprechi e promuovere soluzioni circolari, con l'obiettivo di una moda senza rifiuti per un futuro più sostenibile.
La crescente produzione e il consumo di capi tessili stanno superando gli sforzi di sostenibilità del settore, con conseguenze devastanti per l’ambiente, l’economia e le persone, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Tra il 2000 e il 2015, la produzione di abbigliamento è raddoppiata, mentre ogni anno vengono generati circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili (dati diffusi dall'ONU). In pratica, ogni secondo un camion pieno di vestiti finisce incenerito o in discarica.
L'unico modo per affrontare questo problema è un cambiamento radicale nel sistema di produzione e consumo, promuovendo soluzioni sostenibili e circolari. La chiave di questa trasformazione starebbe dunque in un approccio che conduca a rifiuti zero.
Tuttavia, ciò che potrebbe fare una differenza significativa sono i consumatori stessi, adottando comportamenti più responsabili, come il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio dei capi. Abbandonare la moda "mordi e fuggi" in favore di un tipo di abbigliamento più durevole e di qualità, non solo in favore di una conservazione efficace delle risorse, ma anche in un'ottica di sensibilità al tema della sostenibilità.
Ciò che potrebbe fare una differenza significativa sono i consumatori stessi, adottando comportamenti più responsabili, come il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio dei capi.
Resta all'industria della moda la responsabilità di progettare prodotti che siano durevoli, riparabili e facilmente riciclabili, promuovendo modelli di business circolari che riducano l’inquinamento chimico e limitino la produzione massiva, utilizzando materiali sostenibili che favoriscono la biodiversità.
Nella sfida di orientare l’economia verso un futuro circolare, anche l'impegno dei governi gioca un ruolo fondamentale. Rafforzando i sistemi di controllo delle aziende, mettendo a punto regolamentazioni sempre più mirate ed efficienti sull’uso di sostanze chimiche dannose, investendo nelle infrastrutture di riciclaggio e premiando le aziende che propongono modelli di produzione sostenibili.
Moda sostenibile: il futuro è alternativo

Materiali riciclati, fibre naturali, produzione etica: la moda alternativa ecologica è la risposta perfetta per chi vuole uno stile unico senza distruggere il pianeta. Brand indipendenti, vintage di qualità e upcycling sono le nuove parole d’ordine. E la cosa bella? Si può essere cool senza sembrare usciti da un documentario sugli hippie anni ‘70.
Chi pensa che la moda sostenibile sia sinonimo di vestiti noiosi e informi, dovrà ricredersi. A piccoli passi, marchi importanti stanno ridefinendo il concetto di lusso etico. Stella McCartney e Vivienne Westwood (ricordate il rivoluzionario“Buy Less, Dress Up” del 2019 lanciato dalla mitica stilista inglese?) hanno dato il via, ma molte altre aziende - Gucci, Prada, Adidas, sono alcune - le stanno seguendo.
I sensi di colpa non ci donano: come vestirsi bene rispettando l'ambiente
Su una cosa siamo sicuramente tutti d’accordo: la moda dovrebbe farci sentire bene, non colpevoli. Dovrebbe essere un modo per esprimere creatività e personalità, senza causare danni irreparabili all'ambiente che ci circonda e ingigantire le già notevoli differenze sociali tra chi i capi li compra e chi li produce.
Non si tratta affatto di una mission impossible, né di essere indicati come green chic o aderire necessariamente al Lohas, il Lifestyle of health and sustainability. Si tratta semplicemente di optare per un acquisto più intelligente e consapevole:
Comprare meno, scegliere meglio: un capo di qualità dura anni, una maglietta da 5 euro sopravvive a malapena alla lavatrice.
Second hand is the new black: mercatini vintage e app di seconda mano offrono opportunità originali e a volte uniche senza sprechi.
Materiali eco-friendly: cotone biologico, lino, canapa e fibre riciclate sono amici della pelle e della Terra.
Bandire il poliestere (a meno che tu non voglia contribuire all’inquinamento da microplastiche ad ogni lavaggio).

La moda alternativa ed ecologica non è una punizione, ma un’opportunità per distinguersi con stile e consapevolezza. E poi, diciamocelo: un mondo con meno t-shirt usa e getta e più capi di qualità è un mondo migliore.
Quindi, pronto a rivoluzionare il tuo guardaroba senza far piangere il pianeta?
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