FIOCCO AZZURRO SULLA SIXTH AVENUE
Oggi, 3 aprile, ricorre il compleanno del telefono cellulare. Risale proprio al 3 aprile 1973, 46 anni fa, la prima chiamata, eseguita con un aggeggio mobile, di dimensioni e peso di un elefante, effettuata in strada dal suo creatore, l’ingegnere della Motorola Martin Cooper. Il geniale Cooper - dotato indiscutibilmente anche di un notevole sense of humor e di una buona dose di faccia tosta - decise di prendersi una boccata d'aria lungo la Sixth Avenue di New York fino all'altezza dell'Hotel Hilton, proprio davanti alla sede della Bell, indirizzando la prima chiamata mobile della storia proprio verso l’ufficio del suo concorrente.
AMICI INSEPARABILI
Da quel fatidico giorno si è spalancato un nuovo modo di concepire, nel bene e nel male, la comunicazione e le relazioni interpersonali. Dimagrendo, accorciandosi, mostrando uno schermo via via sempre più interattivo, arredandosi di icone e faccine sorridenti, quell'essere ingombrante e, diciamocelo, un po' ridicolo che messo all'orecchio dava l'impressione di parlare con un mattone, a poco a poco è diventato un oggetto elegante, sinuoso, decisamente di stile: siamo giunti così all’era dello smartphone. Noi e lui, ormai inseparabili.
C'È CAMPO?
“C’è campo?”. L’espressione è ormai entrata a pieno diritto nella storia. Chi di noi, almeno una volta, non l’ha proferita, girando su sé stesso come un folle con gli occhi allargati dall'angoscia o come un rabdomante alla ricerca del segnale da dove sgorga la vita. Campo, ricarica, messaggiare, whatsappare, twettare, social, emoji, hashtag, likare, selfare e molto altro ancora. Tutta una lunga serie di neologismi, spesso usciti fuori sbrigativamente dall'italianizzazione di termini originariamente in lingua inglese, che descrivono il senso delle nostre giornate. Perché ormai, quel senso, è racchiuso tutto lì, in quell’ammennicolo di pochi centimetri che porta il nome di telefono cellulare, dove l’aggettivo “cellulare”- a dispetto del significato scientifico - pare quasi conferirgli carne, ossa, sangue nonché forse anche un’anima. Insomma, a tutti gli effetti, lo status di essere vivente con capacità senzienti. E affettive, almeno in senso univoco.
DIARIO SEGRETO, AGENDA, ALBUM DEI RICORDI
Il cellulare contiene i nostri ricordi, le conversazioni con gli amici, le foto dei nostri figli, la lista della spesa, gli appuntamenti, la banca, il cinema, le canzoni. In poche parole, la vita intera. Lui conosce i nostri segreti, le nostre preferenze, i nostri batticuori. Ne abbiamo fatto il nostro migliore amico, il nostro confidente. Ci accompagna al lavoro, in vacanza, dorme a fianco a noi sul comodino, quando non addirittura sotto al cuscino cullando i nostri sogni con le sue radiazioni elettromagnetiche. Perché dunque non festeggiarlo spegnendo le candeline insieme a lui?
PRO E CONTRO, ANGELO E DEMONE
Il dibattito su quanto possa essere nocivo e pericoloso l’uso del cellulare, sia in termini di salute personale che di salute sociale, si protrae ormai da anni. Sulle ipotesi di danni fisici non è ancora possibile pronunciarsi in maniera sicura, non avendo ancora la medicina sufficienti dati, mentre su gli effetti relativi ad un nuovo modo di vivere la socialità si hanno già riscontri concreti.
Molte sono le apprensioni verso un mondo sempre più chiuso dentro i limiti di un rettangolo di pochi centimetri. Tutti noi, giovani e meno giovani, tendiamo a comunicare a distanza, ognuno all’interno del nostro universo spaziale, che sia casa, ufficio, scuola, limitando sempre di più le interazioni vere e proprie: il cinema, la pizzeria, la piazzetta di quartiere, il passeggio sul corso, la serata con gli amici.
CHE TIPO DI RELAZIONE TRA NOI E LUI?
Proviamo ad interrogarci con obiettività su quanto anche la nostra vita sia legata a questo piccolo oggetto. È lui il primo a cui diamo il buongiorno al risveglio? Sempre lui quello che ci assicuriamo di avere prima di uscire di casa, quello che siede in auto a fianco a noi, che sistemiamo a portata di sguardo sulla scrivania dell’ufficio o sul banco di scuola? È lui che ci tiene compagnia sull’autobus, sul treno, in coda alla posta? Ed è sempre lui l’ultimo sguardo prima di chiudere gli occhi alla sera? Se è così, possiamo dire senza ombra di dubbio che quella con il nostro cellulare è una vera e propria relazione.
ISOLARCI IN COMPAGNIA: LA QUARANTENA NELL'ERA DELLO SMARTPHONE
In questi tristi giorni di quarantena è fuor di dubbio che il cellulare abbia costituito per molti, se non per tutti, un modo per non essere davvero completamente isolati e soli. Abbiamo utilizzato le chiamate video per salutarci, per prendere l’aperitivo o cenare insieme, per fare merenda o guardare una serie tv in compagnia. Quanti anziani, chiusi nelle case di riposo o a casa propria ma lontano da figli e nipoti, hanno potuto in questo modo almeno vederne il sorriso e attingerne conforto? Quanti malati sono rimasti così in contatto con i loro cari dai reparti degli ospedali? Lasciando alla sociologia il giusto compito di definire gli orizzonti delle modificazioni culturali in atto, ci sentiamo di dire che l’oggetto cellulare, con tutte le indubbie implicazioni maligne il cui abuso comporta, almeno in questo frangente, è stato un grande strumento di aiuto e di vicinanza per molti.
SPEGNIAMO LE CANDELINE (E QUALCHE VOLTA ANCHE IL CELLULARE)
Permettiamoci dunque, nel mezzo di questa attualità che ci frastorna, di fare gli auguri a questo piccolo, rivoluzionario oggetto, che pur con i suoi difetti e i suoi eccessi, ci consente di unire i fili di queste nostre vite. Ricordandoci però che i volti, che ci ha così servizievolmente ed utilmente avvicinato nel momento della crisi, sono volti veri, in carne ed ossa, appartengono a persone che amiamo, a cui siamo affezionati, e dal cui abbraccio fisico, concreto, vitale non possiamo prescindere. Se dopo lo lasceremo un po' da parte, siatene certi, non si offenderà.
Redazione@themeltingpop.com
Comments