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  • Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

GENOVA SESSANTA. Nel secolo breve, il decennio veloce



Se lo spirito e il volto di una città affrontano nel tracciato della sua storia innumerevoli mutazioni, esistono momenti in cui questo processo subisce spinte propulsive sorprendenti e memorabili accelerazioni. Questo è quanto accadde nella Genova degli anni '60. Un decennio rivoluzionario che si è impresso nella fisionomia come nel carattere della città, lasciando tracce di un fervore irripetibile e, forse, rimpianto.


Inaugurata il 14 aprile e aperta fino al 31 luglio 2022 nel Teatro del Falcone del Palazzo Reale di Genova, la mostra GENOVA SESSANTA punta l'obiettivo sulle trasformazioni urbanistiche, artistiche, culturali e di costume che hanno percorso la città negli anni mirabolanti del boom economico. E le racconta attraverso contributi iconografici che attingono a tutte le forme espressive, dalla pittura alla fotografia, dal design di interni alla progettazione urbanistica, incrociando i percorsi di tutte le arti visive e di tutte le forme di creatività che videro in quel decennio Genova come esempio vivo del rinnovamento dell'Italia del secondo dopoguerra.




Imprescindibili gli scatti di alcuni dei più grandi fotografi genovesi attivi in quegli anni – Lisetta Carmi e Giorgio Bergami, tra tutti; affascinanti i progetti e i relativi disegni delle proposte di rinnovamento urbanistico ed architettonico, ancora visibili oggi; vere icone gli oggetti e gli arredi di design, grafica pubblicitaria, oggetti industriali, dipinti e sculture di autori di primissimo piano, come Lucio Fontana, Andy Warhol, Mimmo Rotella, Vico Magistretti, Gio Ponti, Franco Albini, Angelo Mangiarotti, Eugenio Carmi. Un corredo di visivo scelto con incredibile cura ed attenzione dal magma eterogeneo di quel periodo, affinché avesse un reale legame con la città e ne rappresentasse significativamente gli influssi e il cambiamento.


L’esposizione, promossa da Palazzo Reale (Ministero della Cultura) è curata da Alessandra Guerrini e Luca Leoncini (con il contributo per il settore di competenza di Benedetto Besio, Luisa Chimenz, Leo Lecci e Elisabetta Papone).


The Meltin Pop ha incontrato il direttore di Palazzo Reale e curatore, Luca Leoncini per farsi raccontare il significato e l'importanza di questa mostra.





Perché scegliere gli anni '60?


Questo decennio ci è sembrato ormai sufficientemente lontano per poter essere guardato con un occhio critico, distante e storico, ma anche abbastanza vicino nelle memorie di alcuni di noi da emozionare e, soprattutto, ancora vivo nell'immaginario di un pubblico più giovane.

Un momento di grande entusiasmo e stimolo. Di progresso felice. Tutti pensavano che il mondo sarebbe migliorato, una straordinaria energia produttiva di oggetti e di idee, che oggi si è persa, lasciando il posto nei giovani a un maggiore pessimismo e distacco.

Ci è parso quindi interessante raccontare quel periodo sia per la portata storica, sia per quella più filosofica. L’occidente era uscito dalla Seconda Guerra Mondiale e negli anni '60 era totalmente occupato dai fermenti della ricostruzione.

È un periodo di grande crescita economica. Tutti hanno l’automobile, tutti possono usufruire delle ferie, e soprattutto tutti hanno accesso all’istruzione che comincia ad abbattere le gabbie sociali preesistenti. Un momento storico molto importante vissuto anche a Genova, che ha posto le basi di quello che la città sarebbe stata negli anni a venire.

Visivamente com’è cambiata la città in quel decennio?


È un passaggio graduale di grandi trasformazioni urbane. Durante la Seconda Guerra Mondiale un terzo della città era stato bombardato, il porto era inagibile, parte delle fabbriche erano andate distrutte. S'innesca quindi in quel momento un grande desiderio di cambiamento e di crescita, incentivato da una forte migrazione, non solo dal sud Italia ma anche dalle aree extraurbane vicine alla città. Molti hanno perso la casa con la guerra e molti sono in cerca di lavoro, il porto comincia a riprendere la sua funzione di fulcro dell'economia e la città si proietta verso il futuro, proponendosi come città industriale. C’è una vera e propria fame di alloggi, la città è in espansione e purtroppo è spesso anche vittima di una dannosa speculazione edilizia. Ma, nel contempo, ci sono costruzioni di grande qualità come il Biscione, in passato indicato spesso come un esempio di edilizia speculativa, quando invece si è trattato di un’operazione di edilizia popolare con una forte impronta d’architettura contemporanea. Un edificio iconico, nuovo, che ora vive un periodo di rinascita e dove addirittura vengono organizzate visite guidate da tutto il mondo.

Rappresentò una vera e propria novità, un nuovo impatto culturale, nessuno aveva mai abitato in una striscia lunga e continuativa di case. E anche questo è uno dei temi affrontati dalla mostra: la difficile relazione con la modernità. Sono di proprio quegli anni la realizzazione della Sopraelevata e del ponte Morandi.

All'interno del percorso espositivo troviamo mobili e quadri contemporanei, con cui non è detto che il pubblico, abituato a forme visive differenti, si senta a proprio agio. Gli anni Sessanta sono un momento di grande fermento anche nell’arte. Per la prima volta le gallerie organizzano mostre di Pop Art, portando artisti da tutto il mondo. Sono gli anni in cui nasce e si afferma l’arte povera.

Il porto, che fa di Genova insieme a Milano e a Torino uno dei vertici del famoso triangolo industriale, ritorna ad essere polo attrattivo per imprese e forze finanziarie, che investono nella città e si portano dietro architetti, designer, pensatori e intellettuali. Genova diventa un crocevia di stimoli e apertura verso uno dei momenti di più grande creatività. Dal ruolo fondamentale in quegli anni della grande industria, nasce a Genova la pubblicità d’impresa.

L’Italsider è committente di opere d’arte innovative e illuminate, arrivando addirittura a regalare ai propri lavoratori gadget disegnati da artisti famosi. E questo succede solo a Genova. Persino molti dei mitici Caroselli erano concepiti e girati a Genova da aziende grafiche genovesi.

L'intento di questa mostra è quello dunque di rendere omaggio a un momento storico importante per Genova da un punto di vista diverso dal solito. Non solo il periodo barocco e splendido della Superba che è stato più volte raccontato e che tutti conosciamo, ma un momento altrettanto storico e importante per la città, che nasconde innumerevoli tesori di conoscenza che ci è piaciuto scoprire e valorizzare.


Cosa si deve aspettare e che cosa troverà chi viene a visitare la mostra?


Chi viene a visitare questa mostra scopre un nuovo volto di Genova. Una città che non si aspetta e una città di cui forse ha sentito parlare. Una mostra interessante perché non si limita a raccontare momenti e figure lontani da noi, ma si propone di riallacciare i mille fili che quel periodo - e tutto quanto è esposto - hanno con le nostre vite, con i nostri ricordi e i ricordi dei nostri genitori. Abbiamo introdotto inoltre molti contributi video, con filmati d'epoca e pubblicità, perché crediamo che per una mostra sia fondamentale colloquiare con i suoi visitatori attraverso tutti i tipi di linguaggio, tra cui quello multimediale che più ci appartiene, soprattutto per un pubblico giovane ed abituato molto di più al visivo che al pannello espositivo classico. Tutto questo per rendere l'approccio alla visita più diversificato e stimolante.




Seguendo quali tracce sono stati selezionati i pezzi inclusi nella mostra?


I pezzi di arte visiva sono stati selezionati tenendo il fuoco sempre fermo su Genova. Abbiamo perciò attinto a opere realmente esposti in qualcuna delle numerose gallerie genovesi o in qualche modo collegate a quel momento storico.

Per i mobili di design il reperimento è stato un po’ più complicato, dal momento che molti appartengono a privati e collezionisti. Sono mobili che nascono nella nostra città, grazie all'incontro tra designer di grido e architetti, che li hanno disegnati per case e ville costruite su committenza della grande borghesia genovese dell'epoca, edifici straordinari che vantano arredi straordinari.


All’interno troviamo anche le splendide fotografie di Giorgio Bergami e Lisetta Carmi, fotografi capaci di fermare sulla loro pellicola il grande fermento di uomini e di idee, i cambiamenti strutturali della città, le trasformazioni sociali portate da un nuovo benessere e da nuovi impulsi culturali.

Anzi, è giusto dire che tutto è nato proprio guardando le fotografie di Bergami sulla Genova degli anni '60; è così che abbiamo capito che, per una mostra che celebrasse la nostra città in quegli anni, era proprio da lui che dovevamo partire. Immagini bellissime e drammatiche senza volerlo essere a tutti i costi, senza cercarlo, il dramma, con distacco, mostrando semplicemente come fosse la vita di tutti i giorni in quei nuovi panorami urbani. Quella era proprio la Genova che volevamo raccontare.



 

Per chi avesse desiderio di approfondire gli aspetti e le tematiche di questa interessante mostra, l'invito è per giovedì 9 giugno alle ore 18 presso la Galleria Studio Rossetti di Genova, dove dialogheranno insieme il curatore Luca Leoncini ed Enrica Perilio (evento in collaborazione con The Meltin Pop).




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