Redazione TheMeltinPop
22 set 2020
Il Teatro del Falcone del Palazzo Reale di Genova ospita da qualche mese una grande mostra dedicata alla produzione di arredi e arti decorative appartenenti all’Ottocento genovese - Mogano, ebano e oro! Interni d’arte a Genova nell’Ottocento, da Peters al Liberty. La mostra, che è stata prorogata e sarà quindi visitabile fino a domenica 1 novembre 2020, è stata curata da Luca Leoncini, Caterina Olcese Spingardi e Sergio Rebora e si presenta come un affascinante percorso tra arredi e decori provenienti dalle più belle ed eleganti dimore della nobiltà e dell’alta borghesia genovese dell’epoca.
Mobili, dipinti, disegni e bozzetti, porcellane, maioliche, sculture, gessi e fotografie, a testimoniare di un desiderio di eleganza e raffinatezza destinato ad ogni spazio della casa, che sia di rappresentanza o assolutamente intimo e privato.
Ampio rilievo è dato ai mobili progettati e realizzati dal mobiliere inglese Henry Thomas Peters che ha vissuto a Genova per 35 anni, lasciando un’importante impronta della sua creatività e del suo talento. Osservando i suoi lavori, si può dire che sia stato un precursore del design d'interni e che abbia fatto tendenza nella moda dell'epoca. Peters rivoluzionò l’arte ebanistica e con essa il gusto estetico della città, portando a Genova innovative tecniche lavorative dalle caratteristiche più industriali, formando nella sua bottega numerosi artigiani che ne portarono avanti idee e gusto.
Il percorso della mostra si snoda in un itinerario affascinante, nella ricostruzione di intere stanze completamente arredate come nell'attenzione a pezzi unici e di grandissimo valore storico-artistico o di particolari di incredibile raffinatezza.
Una breve e interessante chiacchierata con Caterina Olcese Spingardi, una dei tre curatori della mostra, ci rivela alcuni particolari sul minuzioso lavoro di preparazione, nonché sullo spirito e sugli intenti che hanno animato l'ideazione e lo sviluppo del progetto.
La mostra raccoglie i frutti di molti anni di ricerche di noi tre curatori, Luca Leoncini, da tempo direttore delle collezioni del Palazzo; Sergio Rebora, accreditato studioso di Ottocento, attivo a Milano, ma genovese di origine; e mie, che da sempre mi sono concentrata sul XIX secolo e su Genova.
Per l'allestimento, e quindi la ricerca, la scelta e la richiesta dei pezzi (200, per 65 prestatori!), il tempo però non è stato molto: da poco insediatasi, la direttrice di Palazzo Reale, Alessandra Guerrini, ci ha convocati all'inizio dell'estate scorsa, convinta della bontà della proposta, che da tempo era stata presentata al Museo.
Si è quindi lavorato alacremente e direi quasi senza respiro, potendo contare, oltre che sul supporto organizzativo del Palazzo, anche sulla base degli studi di cui accennavo sopra, e su una rete di amici, studiosi e colleghi responsabili di molte collezioni pubbliche. Tutti hanno aderito con entusiasmo e la maggior parte di loro ha pure contribuito alla realizzazione del catalogo, con ricerche sovente originali, confluite poi in saggi e schede.
La mostra si configura quindi come l'esito di un lavoro "corale". Idem dicasi per i molti privati, collezionisti e antiquari, tutti davvero incredibilmente generosi.
Altrettanta disponibilità abbiamo trovato nella volontà di aprire sedi e luoghi genovesi e liguri, a cui la mostra inevitabilmente rimanda: tra marzo e luglio di quest'anno, infatti era stata prevista una fitta serie di visite. Lo documenta ancora il ricco calendario di eventi collaterali (purtroppo tutti annullati), stampato su una bella brochure, divenuta purtroppo un semplice "souvenir", perché del tutto inservibile, a causa dello scoppio della pandemia e del successivo lockdown. Da ricordare ancora che la proroga della mostra al 1 novembre sta implicando il raddoppio della durata dei prestiti: pure essa è stata accolta da tutti all'unanimità e con totale disponibilità.
Alcuni ritrovamenti ci hanno davvero molto emozionato: ci siamo accorti di quanto negletto sia ancora questo periodo storico e di come il recupero del nostro Ottocento, paradossalmente proprio perchè così vicino a noi, sia un'operazione in gran parte ancora da realizzare. La sensazione è in ogni caso quella di avere sfiorato la punta di un iceberg, di essere cioè pure noi ancora all'inizio di un grande e lungo lavoro di studio, ricognizione e rivalutazione. Nella percezione di molti il XIX secolo è infatti ancora solo il periodo degli impressionisti e dei macchiaioli, mentre la conoscenza di una enorme mole di opere d'arte, e in particolare di quelle decorative, tradizionalmente ritenute "minori", è ancora largamente da costruire.
Come dicevo prima, la costruzione di una mostra è un momento particolare, in cui occorre trovare un incontro tra i tempi lunghi della ricognizione e dello studio e i tempi brevi della sua realizzazione, stampa del catalogo compresa.
Certamente questa è una mostra "di ricerca", e in questo si differenzia da molti altri eventi espositivi che, puntando sempre i riflettori su una rosa ristretta di nomi già conosciuti, se da un lato facilmente richiamano e si garantiscono ampie fette di pubblico, d'altra parte lasciano scarsi o nulli esiti dal punto di vista del progresso degli studi. La nostra ambizione è proprio questa, di pensare che mostra e catalogo siano una tappa significativa di un lavoro in corso, in cui raccontare fino a che punto si è arrivati e da cui ripartire per dissodare nuovi territori inesplorati. Rendere pubblici gli esiti del proprio lavoro non è solo sicuramente un grande privilegio, ma anche una notevole opportunità. E' un po' come avere lanciato un sasso in uno stagno: di sicuro le acque si muoveranno e riemergeranno altre opere e notizie inedite, consentendo nuovi sviluppi agli studi.
L'Ottocento genovese è stato finora oggetto di attenzione soprattutto da parte di storici dell'economia, che hanno giustamente posto l'accento sulla sua rilevanza, mentre molto resta ancora da fare sul fronte della storia dell'arte. Direi che le differenze tra prima e seconda metà secolo sono facilmente percepibili in mostra: il primo piano è infatti dedicato al primo Ottocento, in cui, alle raffinate soluzioni proposte da Peters, ove trovano espressione le ultimi propaggini della lunga stagione tardo neoclassica, corrisponde una committenza aristocratica e assolutamente elitaria.
Il piano terra, invece, affronta la più complessa seconda metà del secolo, in cui, in corrispondenza con lo sviluppo della città borghese, le scelte di gusto si diversificano, in corrispondenza della nascita di un mercato dell'arte già moderno e dell'affacciarsi a esso di un notevole gruppo di neofiti, mentre a soddisfare queste richieste intervengono innumerevoli figure di artisti e artigiani, questi ultimi spesso quasi del tutto sconosciuti.
Emergono senz'altro nomi di personaggi illustri, come quelli della duchessa di Galliera, di Thomas Hanbury, del capitano d'Albertis, di Giuseppe Verdi (che, sebbene non genovese, soggiornava abitualmente a Genova nella stagione invernale) e di Evan Mackenzie, affrontati però secondo una prospettiva inconsueta, quella appunto del gusto che improntò le loro dimore, espressione eloquente delle loro vite, per molti versi eccezionali ed eccentriche; ma vi trovano spazio anche arredi provenienti da ville e residenze di famiglie come i Figari, i Dufour, i Bocciardo, i Micheli, i Montanaro, i Rocca, esponenti di una grande borghesia ambiziosa, capace di imprese coraggiose, come solcare mare e oceani a caccia di affari vantaggiosi, o fondare attività industriali nuove e tecnologicamente avanzate.
Dall'avvento del Covid, la cultura sta vivendo un momento davvero difficile, spesso considerata elemento di secondo piano della società, accessorio e sacrificabile. Eppure si può fare cultura in perfetta sicurezza e tranquillità, regalando emozioni preziose. Tre ragioni per cui questa è una mostra da non perdere assolutamente:
- è un'occasione per ammirare pezzi unici e straordinari, a volte del tutto inediti e conoscere artigiani e artisti poco noti ma dal profondo valore artistico;
- è un'opportunità per essere accolti nelle case delle più importanti famiglie genovesi dell'epoca, sentirne narrata la storia delle fortune e dei rovesci attraverso il loro gusto di committenti;
- è un viaggio dei sensi poter cogliere le infinite, meravigliose suggestioni che i tanti particolari che si offrono alla vista sono in grado di regalare.
Vi invitiamo dunque ad approfittare della proroga per visitare la mostra, piccolo gioiello d'arte e artigianato d'autore (per info e prenotazioni: customerservice@wingsoft.it / +39010592158) e a visitare il sito del Palazzo Reale di Genova per ulteriori informazioni.
Redazione themeltingpop.com
Caterina Olcese Spingardi è storico dell’arte presso la Soprintendenza ligure. E’ stata docente presso la Facoltà di Architettura di Genova e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Ha sovrinteso alla realizzazione di diverse mostre ed è autrice di numerose pubblicazioni, soprattutto incentrate su scultura e architettura, committenza e collezionismo a Genova e in Liguria tra Otto e Novecento.
Provenienza Musei di Strada Nuova Genova